BALLARD - III - PARABOLE RADICALI
Nota: tutta la Retrospettiva Ballard è in fase di ampliamento e
revisione; tutti i post saranno ripubblicati con nuovi contenuti.
Hello America (1981, noto anche
come Ultime notizie dall'America) narra di un futuro dove gli
Stati Uniti sono desertificati e spopolati. Una spedizione tenta di
attraversarli per raggiungere Los Angeles, sede di un folle presidente
autoeletto che si fa chiamare Charles Manson, gioca con testate
nucleari e confonde idee di ricostruzione con idee di isolamento e
autodistruzione. Gli uomini in viaggio sono mossi da obiettivi del
tutto personali; il deserto altera e seleziona le loro menti.
Mentre la prima parte contiene i marchi
tipici di Ballard, pur non aggiungendo niente di nuovo a tesi già
trattate in modo più fresco e interessante nei romanzi precedenti,
la seconda parte è più tradizionale: un intreccio action,
una risoluzione e una morale conclusiva. Si apprezza il fatto
che è un'opera a largo spettro con la quale Ballard tenta di
riassumere la propria visione, rinnovandola, e di portarla a estremi
più attuali e con un raggio più politico. Il romanzo, del resto, riflette molto bene l'immagine e
il sentimento di degradazione dell'America degli anni Ottanta.
L'autore si è fatto quindi portavoce di un preciso momento storico
adattandolo alla propria opera, per sottolineare come la sua visione
sia molto più vicina alla realtà di quanto non sembri.
Il giorno della creazione (1987)
vede protagonista un medico, Mallory, che si trova in una regione
desertica dell'Africa. Sprigiona quasi per caso una sorgente e dà
vita a un nuovo fiume, che ben presto diventa gigantesco al
punto da poter fertilizzare gran parte del Sahara. Mallory ne viene
ossessionato, si identifica nel fiume da lui creato e, insieme a una
giovane donna del luogo, compie un folle viaggio in battello verso la
fonte. Il viaggio assume i contorni di un processo mentale e
temporale a ritroso: il paesaggio attorno al fiume diviene man mano
quello della Terra primitiva. Contro Mallory, interessate alle sorti
del fiume, si scatenano fazioni politiche e militari.
Il cuore del romanzo è pura speculazione ballardiana, nonostante non sempre sia chiaro a quale tesi l'autore voglia
arrivare, sostenendone diverse in momenti diversi. Questo forse è utile per dirci che la mente non
riesce sempre a compiere precise distinzioni: così mette in dubbio
definizioni, obiettività, punti di vista; gioca con elementi di
attualità politica e sociale che saranno la chiave di volta della
sua produzione successiva; e soprattutto narra in prima persona (come
in Crash) discostandosi dalla fredda posizione di
osservatore-scienziato che predominava nelle sue prime opere, e
lasciando più spazio all'individualità.
In effetti la narrativa di Ballard ha ormai virato in altre acque e questo libro costituisce il punto di svolta definitivo. È la mente di Mallory, con tutte le sue incongruenze, l'elemento di interesse per Ballard. Lo scenario e il simbolismo dato dal fiume e dal viaggio verso la sua fonte (che equivale al desiderio di tornare alla creazione) fondono il nuovo approccio con le prime opere simboliste. La catastrofe è qui sostituita da un elemento (il fiume) la cui apparizione, nella normalità delle cose, sarebbe tutt'altro che negativa. È quindi una catastrofe al contrario: positiva.
In effetti la narrativa di Ballard ha ormai virato in altre acque e questo libro costituisce il punto di svolta definitivo. È la mente di Mallory, con tutte le sue incongruenze, l'elemento di interesse per Ballard. Lo scenario e il simbolismo dato dal fiume e dal viaggio verso la sua fonte (che equivale al desiderio di tornare alla creazione) fondono il nuovo approccio con le prime opere simboliste. La catastrofe è qui sostituita da un elemento (il fiume) la cui apparizione, nella normalità delle cose, sarebbe tutt'altro che negativa. È quindi una catastrofe al contrario: positiva.
Un gioco da bambini (1988) ha la
lunghezza di un racconto lungo e costituisce una parentesi abbastanza
singolare nella bibliografia di Ballard, dove egli condensa il suo
sguardo sulla psicosi, sul modo in cui l'individuo è sottomesso al
sistema fino alle più estreme e terribili conseguenze. Una semplice storia di
cronaca con un significato molto forte ed esplicito, narrata sotto la fredda e distaccata forma di reportage. In un complesso residenziale abitato da
ricche famiglie si compie un massacro: a morire sono gli adulti,
mentre i bambini spariscono, in apparenza rapiti. Il racconto è
l'indagine di uno psicologo che arriva a scoprire una verità ben più
atroce: sono i bambini gli artefici del massacro.
Ballard scrive una sorta di Villaggio
dei dannati sostituendo l'elemento paranormale-gotico con quello
psico-sociale ben radicato nella società moderna: il controllo, i
desideri illusori, le pressioni mediatiche sono le cause che
innescano un “processo evolutivo” di ribellione drastica e radicale. Il
massacro non è che l'ultimo atto di una serie di comportamenti
anomali: i bambini, nel loro ambiente protetto, si stavano
trasformando in qualcos'altro. In questa parabola di forma concisa,
Ballard è attento a mantenere il tutto su livelli assolutamente
realistici, lavorando di psicologia e senza concessioni. Conclude insinuando l'idea di
scenari ben più ampi, irrazionali e catastrofici: “Il regime
indulgente e protettivo […] nei lussuosi complessi residenziali […]
ha generato una stirpe di vendicatori, e li ha mandati a sfidare il
mondo che li amava”.
Una lettura essenziale che consiglio a chiunque, a prescindere dal resto dei testi di Ballard.
Leggi anche:
Ballard: la catastrofe interiore
Ballard: tecno-socio-psicosi
J.G. Ballard: un ritratto
Luogo-psiche in Kerouac e Ballard
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