BALLARD - IX - L'ALLEGRA COMPAGNIA DEL SOGNO
Nota: tutta la Retrospettiva Ballard è in fase di ampliamento e
revisione; tutti i post saranno ripubblicati con nuovi contenuti.
In questo romanzo Ballard sfrutta un altro metodo, un'altra prospettiva, per parlare dei temi che gli sono cari. Credo sia uno dei suoi libri più soggettivi perché, in fondo, si accosta a una parabola o una favola, nella quale l'autore ha voluto dar forma a un sogno. Certo è che si lascia indietro il crudo realismo dei paesaggi urbani e mediatici, così come il linguaggio affilatissimo: al loro posto troviamo una psicogeografia simbolica simile a quella presente nelle sue prime opere, ma ancora diversa e più fantasiosa.
Il caso di questo
libro è particolare, non tanto per la sua genesi (si inquadra
perfettamente nel percorso ballardiano) quanto perché è rimasto
inedito in Italia per trent'anni finché Fanucci ha preso il coraggio
e lo ha pubblicato alla fine dello scorso decennio. Personalmente ho
scoperto la sua esistenza solo in seguito, ecco il perché non ha
fatto parte del percorso di lettura di cui ho scritto finora.
Detto
ciò, il libro merita in effetti una trattazione a parte, perché
anche se è ballardiano al 100%, lo è in modo differente dagli altri
romanzi. Lo scrittore ha sempre tratto le sue ideologie da molte
angolazioni diverse, sviluppandole in modi trasversali, abituando
quindi i lettori a leggere la sua produzione divisa per momenti.
Collochiamo dunque The
Unlimited Dream Company (il
titolo originale, che non ha niente di "allegro" ma
piuttosto qualcosa di "infinito"): esce nel 1979, alla fine
di un decennio nel quale Ballard ha fatto scalpore con Crash e Il condominio, e prima dell'autobiografico L'impero del sole e di altri testi di transizione come Hello America e Il giorno della creazione.In questo romanzo Ballard sfrutta un altro metodo, un'altra prospettiva, per parlare dei temi che gli sono cari. Credo sia uno dei suoi libri più soggettivi perché, in fondo, si accosta a una parabola o una favola, nella quale l'autore ha voluto dar forma a un sogno. Certo è che si lascia indietro il crudo realismo dei paesaggi urbani e mediatici, così come il linguaggio affilatissimo: al loro posto troviamo una psicogeografia simbolica simile a quella presente nelle sue prime opere, ma ancora diversa e più fantasiosa.
Protagonista
è un ragazzo con l'ossessione del volo che ruba un aereo e si
schianta a Shepperton, una frazione londinese dipinta in toni di
inquietante tranquillità (come Twin Peaks o le cittadine del Maine
di Stephen King). Qui si fa messia di un mondo nuovo, dove la natura
regna incontrastata e gli uomini obbediscono a istinti di violenza e
sessualità. Un eden primigenio che Ballard ha già teorizzato in
precedenza, ma che qui vediamo da un'altra angolazione: dalla
trattazione obiettiva, quasi chirurgica, di Il condominio o Il mondo sommerso,
si passa alla fiaba raccontata in prima persona, nella quale il
realismo non conta più (il personaggio principale vola, ha poteri
magici, fa crescere le foreste cospargendo di sperma il terreno).
Un affresco
inquietante e oltraggioso da un lato, nel suo mascherare la verità
nuda e cruda da fantasia (soprattutto se pensiamo all'epoca in cui è
stato scritto); dall'altro lato un'ennesima conferma dell'abilità di
Ballard di scavare dentro se stesso e indurre il lettore a fare
altrettanto, invitandolo a riflettere sulla parte più atavica della
nostra mente.
Credo
che l'immediatezza del libro, il suo essere comprensibile (per quanto
pazzesco) anche ai non ballardiani (a differenza di un testo
difficile e spigoloso come Crash)
sia dovuta alla storia, la quale appunto ha la forma di una grande
favola o di un'esperienza onirica. A proposito di questo, il finale
assai ambiguo ma così squisitamente teatrale è la ciliegina sulla
torta, in grado di ribaltare nuovamente tutto ciò che si è letto e
lasciare al lettore la libertà di interpretare e credere a ciò che
vuole. Ecco perché merita, dopotutto, di essere considerato come un
caso a sé: lo si può ritenere un testo inferiore rispetto ai
manifesti ballardiani, per le libertà e le leggerezze che si prende,
ma per il pubblico può essere un punto di partenza semplice e da cui
lasciarsi ammaliare (o disgustare). Nel mio caso – dopo aver letto
quasi tutta la produzione di Ballard – ho apprezzato la fusione tra
l'introspezione tipica di ogni suo testo e il piacere derivato dalla
lettura di una storia magica e potente.
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