BALLARD - VI - PARADISI ARTIFICIALI
Nota: tutta la Retrospettiva Ballard è in fase di ampliamento e
revisione; tutti i post saranno ripubblicati con nuovi contenuti.
Il paradiso del diavolo (1994) è il punto di congiunzione tra la narrativa precedente e i romanzi che chiudono la carriera di James G. Ballard. Già in questa fase l'autore non sfrutta più alcun elemento fantastico, ma il surreale scaturisce direttamente dalla realtà quotidiana, da ambienti ed eventi perfettamente nella norma che rivelano la loro follia intrinseca.
Il paradiso del diavolo (1994) è il punto di congiunzione tra la narrativa precedente e i romanzi che chiudono la carriera di James G. Ballard. Già in questa fase l'autore non sfrutta più alcun elemento fantastico, ma il surreale scaturisce direttamente dalla realtà quotidiana, da ambienti ed eventi perfettamente nella norma che rivelano la loro follia intrinseca.
“Salvate gli albatri” è il grido
che apre questo romanzo. Troviamo la dottoressa Rafferty, una donna
nevrotica, che tenta di creare una riserva naturale su un'isola del
Pacifico sottraendola agli esperimenti nucleari francesi. Con lei c'è
Neil, un ragazzo con una strana ossessione per il nucleare, e altri personaggi che si aggiungono man mano. Salvare gli albatri e preservare una
natura in pericolo sono azioni che sembrano assumere il significato
di salvare noi stessi, o quella parte di noi consapevole che gli
uccelli, il volo, il paesaggio dell'isola e dell'oceano, nel loro
insieme rappresentano uno spazio irraggiungibile e di
perdita/scoperta interiore. Ma non solo: anche di dare un senso alle nostre esistenze altrimenti vuote e impossibilitate a sfiorare quei confini. Lo spettro nucleare aleggia su questo
paradiso, contaminandolo: esso è il passo che l'uomo compie verso
l'“oltrenatura”, uno dei tanti stupri che la tecnologia compie sulla natura, ormai parte del nostro paesaggio tanto quanto gli elementi
naturali, creando un'uguale fascinazione, nonché scompenso nei nostri cervelli.
Nella seconda parte del romanzo la
situazione degenera ulteriormente. Diventata un'attrazione mediatica,
la riserva non è più l'obiettivo ultimo della dottoressa, che
inizia a distruggerla dall'interno. O, meglio, a modificarla per
instaurare le basi di una sorta di nuova civiltà, strettamente
connessa alla natura e costituita soltanto da donne. Follia e omicidio cominciano a regnare sovrani e l'utopico paradiso va inevitabilmente incontro all'autodistruzione.
La narrazione è portata avanti secondo
il punto di vista di Neil: per seguire l'attività
di tutto il suo formicaio, Ballard segue sempre i singoli individui,
partendo da quello che meglio rappresenta il quadro nel suo
complesso. Neil è colui che si fa coinvolgere e di cui non capiamo
del tutto scelte e intenzioni, iscritte nel suo lato irrazionale; è
colui che viene usato ma anche colui che tiene insieme fino alla fine il microcosmo di cui fa parte.
Il paradiso del diavolo (una
traduzione che non ci azzecca granché) rientra tra i testi migliori per
“spiegare” Ballard: è uno dei suoi romanzi più didattici.
Sviluppa le tematiche delle sue opere precedenti, poggiandosi in
parte anche sul simbolismo naturale dei primi romanzi, ma muovendosi
in un contesto del tutto attuale e di immediata comprensione.
Cocaine Nights (1996) continua
il percorso di analisi estrema della nostra realtà, teorizzando uno
sgradevole futuro. È forse il libro in cui meglio si fondono
elementi della prima e della seconda fase ballardiana. Questa volta
il bersaglio è l'immobilità, l'inerzia. “Pensai che la Costa del
Sol, come del resto le coste della Florida, i Caraibi e le isole
Hawaii, non avevano niente a che fare con i viaggi o con il
divertimento, ma costituivano una specie di limbo.” Tutto si spiega
già in questa frase, pronunciata dal protagonista, Charles, che
arriva in una località di mare spagnola e trova il fratello
coinvolto in un omicidio che confessa apertamente. Ma trova anche una comunità che nasconde un segreto.
L'uomo tenta di fermare il proprio
tempo, implicitamente, quando si siede su una sdraio al sole. Sport e attività sociali sono mera apparenza, la
comunità è un limbo dove qualcosa si è
spezzato rispetto a ciò che riteniamo quotidiano e
normale. Per gli abitanti di Costa del Sol tutto è noia e inerzia,
la vita si sta spegnendo come per dei malati terminali. Ma in città c'è un uomo che se n'è
accorto e, andando contro alle regole comuni, decide di scuotere la
comunità portandovi all'interno il crimine: dallo spaccio di droga
all'omicidio, la comunità reagisce a questo nuovo divertissement
appoggiandolo appieno, perché li sveglia. Charles dapprima vede il tutto da una
prospettiva esterna e ordinaria – come la nostra – e giudica la
comunità come malata, folle, ma poi si interroga sulle ragioni che potrebbero giustificare questo nuovo equilibrio, questa società diversa. Perché l'alternativa è una morte
silenziosa, la pietrificazione della civiltà: dunque, è
giustificabile la violenza come atto radicale per resuscitarla e
permetterle di sopravvivere? In una società dove regna la totale sanità mentale e il totale controllo, un atto folle e insensato è l'unico dotato di significato. E nel dirci questo Ballard rasenta la perfezione.
Vale la pena infine di ricordare come
acqua, sabbia, sole, paesaggi dalle tinte calde, provengano
direttamente da quel simbolismo che Ballard sfruttava all'inizio
della sua carriera (nella celebre quadrilogia catastrofica). Il mare e
la spiaggia, tra tutti, ci ricordano il mondo naturale da cui
proveniamo e al quale, implicitamente, vogliamo ritornare. Siamo
davvero vicini alla spiaggia dell'hotel o della comunità vacanze,
dove giacere per sempre rosolandosi e sonnecchiando, sublimati.
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