KING: LA ZONA MORTA (1979), DELLA VISIONE E DEL MARTIRIO
La Zona Morta (1979, pubblicato
dopo Shining) mostra lo slancio di Stephen King al di fuori
del “genere” in cui era stato collocato all'esordio (e con cui
tutt'ora viene troppo spesso etichettato), verso una letteratura
troppo collettiva per essere definibile (o, al massimo, la si può
ritenere la vera letteratura postmoderna, come sostiene il critico
Leslie Fiedler).
Leggendo questo romanzo si ha la riprova (dopo Shining) che la penna di King, già ai suoi inizi, vuole arrivare all'universo umano, a indagare ciò che esiste, da una parte, all'interno dell'anima e, dall'altra, all'esterno nel crogiolo sociale. Con questo romanzo King compie il primo, vero passo in quella direzione.
Leggendo questo romanzo si ha la riprova (dopo Shining) che la penna di King, già ai suoi inizi, vuole arrivare all'universo umano, a indagare ciò che esiste, da una parte, all'interno dell'anima e, dall'altra, all'esterno nel crogiolo sociale. Con questo romanzo King compie il primo, vero passo in quella direzione.
La prima cosa che si nota in La Zona
Morta è l'elemento fantastico che funge da preteso per avviare
la storia. Perché si sa che la letteratura del fantastico (come ad
esempio la fantascienza) è la letteratura delle idee; offre stimoli
che una narrativa coi piedi per terra non offrirà mai, non ultima la
possibilità di storie irripetibili. King si è sempre definito un
narratore, un moderno cantastorie.
Così le sue magiche storie sono leggibili su vari livelli ma, cosa più importante ancora, non contengono morali; King lascia che il destino dei personaggi vada come deve andare, tratteggiando diversi possibili punti di vista piuttosto che un univoco messaggio.
Così le sue magiche storie sono leggibili su vari livelli ma, cosa più importante ancora, non contengono morali; King lascia che il destino dei personaggi vada come deve andare, tratteggiando diversi possibili punti di vista piuttosto che un univoco messaggio.
Johnny Smith è uno dei personaggi-tipo
(e personaggi-chiave) dell'universo kinghiano: reietto e speciale,
per qualche ragione, e con un destino scritto eppure anche plasmabile
nelle sue mani. Nome, ruolo e capacità cambiano a seconda della
storia. Un elemento che, tra l'altro, rende King più vicino di
quanto non sembri alla poetica di un regista come David Cronenberg,
che ha adattato questo romanzo anche se sembra non gradire molto
King.
Johnny è un martire della propria causa e del proprio potere; la sua figura ricorda Cristo. Più semplicemente è uno dei “diversi” che devono, per prima cosa, far fronte alla propria peculiarità per colpa della quale divengono emarginati. Poi scoprono di avere una missione, non perché non possano scegliere ma perché la abbracciano nella parte dell'anima più profonda, persino inconscia (il che talvolta li rende ossessionati). Il confine tra vittima e carnefice, tra il personaggio che viene usato dal potere e quello che controlla il potere, non è netto. Basti pensare ai personaggi di Shining, It, L'Ombra dello Scorpione, Desperation, Insomnia, Il Miglio Verde, Cuori in Atlantide, il recente racconto “N.” nonché l'universo della Torre Nera. Ma in Johnny esiste l'accettazione del proprio compito: cosa che non c'è, per esempio, in Carrie dove la protagonista non controlla il suo potere.
Il potere di Johnny risiede in un passato non molto chiaro; c'è di mezzo un incidente in giovane età ma essenzialmente viene dato per predestinato. C'è una dimensione superiore, un universo che tesse i fili in un modo che non ci è dato comprendere, un “divino” che, nel caso di La Zona Morta, è la base di una riflessione religiosa abbastanza esplicita. Ovviamente è la fede cristiana quella del contesto americano medio a cui si riferisce King.
Johnny è un martire della propria causa e del proprio potere; la sua figura ricorda Cristo. Più semplicemente è uno dei “diversi” che devono, per prima cosa, far fronte alla propria peculiarità per colpa della quale divengono emarginati. Poi scoprono di avere una missione, non perché non possano scegliere ma perché la abbracciano nella parte dell'anima più profonda, persino inconscia (il che talvolta li rende ossessionati). Il confine tra vittima e carnefice, tra il personaggio che viene usato dal potere e quello che controlla il potere, non è netto. Basti pensare ai personaggi di Shining, It, L'Ombra dello Scorpione, Desperation, Insomnia, Il Miglio Verde, Cuori in Atlantide, il recente racconto “N.” nonché l'universo della Torre Nera. Ma in Johnny esiste l'accettazione del proprio compito: cosa che non c'è, per esempio, in Carrie dove la protagonista non controlla il suo potere.
Il potere di Johnny risiede in un passato non molto chiaro; c'è di mezzo un incidente in giovane età ma essenzialmente viene dato per predestinato. C'è una dimensione superiore, un universo che tesse i fili in un modo che non ci è dato comprendere, un “divino” che, nel caso di La Zona Morta, è la base di una riflessione religiosa abbastanza esplicita. Ovviamente è la fede cristiana quella del contesto americano medio a cui si riferisce King.
Dietro alla vita di Johnny c'è un
mondo smarrito in cerca di un perché, di una fede; ecco perché
Johnny viene assillato dalle lettere di chi lo vede come un nuovo
Cristo implorando risposte e miracoli. Egli però è smarrito, non
potendo comprendere e accettare la situazione (fino a quando il suo
compito non gli diviene chiaro, nell'ultima parte del romanzo). King
ritrae una società spiritualmente perduta, esemplificata all'eccesso
dalla madre di Johnny, Vera, maniaca religiosa e tormento, più che
supporto, per il figlio (per lei Johnny deve compiere un “dovere”
nel senso più biblico possibile).
D'altro canto King (punto, questo, che invece lo separa da Cronenberg e dall'adattamento cinematografico) accetta che tutto faccia parte del gioco: la spiritualità si lega all'inspiegabile, al sovrannaturale, a qualunque traccia (concreta o meno, fuorviante o meno) che conduca a una dimensione superiore; anche se essa è solo la parte ancestrale della mente umana, lo vincola all'eterno antagonismo tra Bene e Male. Una spiritualità, appunto, ancor prima di religione dogmatica; King ci parla in termini laici delle domande supreme su cui tutti riflettiamo durante la vita. Senza dare risposte, tratteggiando le molteplici possibilità dell'essere e, come scrittore, accennando alla letteratura gotica venuta prima di lui.
D'altro canto King (punto, questo, che invece lo separa da Cronenberg e dall'adattamento cinematografico) accetta che tutto faccia parte del gioco: la spiritualità si lega all'inspiegabile, al sovrannaturale, a qualunque traccia (concreta o meno, fuorviante o meno) che conduca a una dimensione superiore; anche se essa è solo la parte ancestrale della mente umana, lo vincola all'eterno antagonismo tra Bene e Male. Una spiritualità, appunto, ancor prima di religione dogmatica; King ci parla in termini laici delle domande supreme su cui tutti riflettiamo durante la vita. Senza dare risposte, tratteggiando le molteplici possibilità dell'essere e, come scrittore, accennando alla letteratura gotica venuta prima di lui.
Johnny Smith interpretato da Christopher Walken |
La storia procede con Johnny che
accetta di mettere il suo “dono” al servizio della comunità (la
stessa comunità che lo opprime e lo rifiuta) per scovare un serial
killer. Poi, tentando disperatamente di vivere la propria vita in
modo tranquillo e anonimo, cambia casa e cerca di riabbracciare il
suo vecchio mestiere d'insegnante, nonché la sua ex ragazza, ora
adulta e sposata. Tenta cioè di far pace con rabbia e rimpianto,
invano. Nel frattempo non può fare a meno di salvare diverse vite
grazie al suo potere. Finché lo spettro del suo destino si rivela:
Stillson, folle imbonitore candidato al governo, se vincerà le
elezioni scatenerà una guerra atomica. Così Johnny si fa carico
della salvezza dell'intera umanità.
In questa parte King ci pone di fronte
ai comuni problemi e paure sociali, ponendo domande non solo ai fini
di riflessioni superficiali sui temi sfiorati, ma sulla validità
stessa del punto di vista del protagonista. “Se potessi tornare
indietro ai tempi di Hitler, lo uccideresti? Anche a costo della
vita?” Questa è la domanda chiave, che si traduce in: sarebbe
giusto cambiare la storia avendone l'occasione? E' interessante
notare che King è affezionato a questa tematica e alle speculazioni
che offre. Oltre all'elemento temporale che è un elemento chiave di
diverse storie (prima fra tutti la saga della Torre Nera),
l'ultimo romanzo 21/11/63 è
incentrato su un viaggio nel tempo e il tentativo di impedire
l'omicidio di Kennedy.
Le
speculazioni su questa possibilità sono abbastanza semplici ed
esplicitate nel libro (così come nel film). Ma la domanda pone
Johnny e il suo potere al centro di una ben più grande questione. Ci
si chiede infatti: se Stillson non fosse esistito, Johnny
avrebbe avuto il potere? E' stato messo sulla via appositamente per
fermare Stillson? O addirittura Johnny non potrebbe essere
semplicemente un pazzo visionario a seguito del suo incidente? In
altre parole, a cosa possiamo affidarci, noi lettori e noi esseri
umani? Il senso complessivo dell'opera, dunque, può essere anche
estetico, nel mettere in dubbio il nostro punto di vista, ciò che
noi diamo per assodato.
Su tutto questo ci fa riflettere King
con La Zona Morta. E paradossalmente è uno dei suoi libri
narrativamente più semplici, lineari, subito assimilabili; i suoi
elementi (luoghi, protagonisti) possono essere traslati in qualsiasi
contesto o cultura, essendo simbolici, essendo “qualunque” (una
cittadina qualunque, un Johnny Smith qualunque – come dire Mario
Rossi). È insomma una grande riflessione sulla condizione umana, sul
destino, sulla labilità dei confini.
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Retrospettiva King:
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