ARTHUR C. CLARKE (pt.4): ODISSEA NELLO SPAZIO, LA SAGA
Se avete visto il film, il
libro 2001 Odissea nello spazio
(1968) non vi riserverà alcuna sorpresa. Nato dal racconto La
sentinella, il romanzo è stato messo insieme
e ultimato da Clarke mentre lavorava con Kubrick al film, perciò
sono i pochi dettagli che si discostano. La peculiarità del film di
avere pochi dialoghi e una grande potenza visiva è stata trasferita
anche nel libro, compatibilmente con la diversità tra i mezzi di
comunicazione. Clarke narra “dall'alto” e osserva i protagonisti
come se indagasse le cavie dentro al labirinto. Pochi i dialoghi,
dunque, che rendono il libro - specie nella prima parte - un po'
pesante ma non meno affascinante. La concentrazione richiesta per
seguire le osservazioni di Clarke, ben scritte, è assai superiore
all'essere trasportati all'interno di un'azione diretta; ma è solo
la peculiarità del libro, non un difetto.
La storia si divide in
parti proprio come il film, dalla prima apparizione del monolito tra
le scimmie antropomorfe (emblema dell'acquisizione di una coscienza
superiore e/o contributo di una civiltà aliena alla creazione
dell'umanità, di fatto il Creatore), ai limiti razionali ed “etici”
dell'intelligenza artificiale Hal 9000, fino alla scomparsa
dell'astronauta Bowman dopo l'incontro con il monolito.
Anche Clarke fornisce un
finale (l'ultima parte) ampiamente visionario e interpretabile. Ma
sembra suggerirci che Bowman si sia elevato a uno stato superiore di
materia/energia, svelando parte del mistero del monolito, presupposto
su cui si sviluppa poi 2010 Odissea due.
L'obiettivo di Clarke è
fornire un'interpretazione fantasiosa della risposta suprema: da dove
proveniamo e com'è possibile che esistiamo in quanto esseri
autocoscienti. La narrativa di Clarke, a parte cadere nel fascino dei
tecnicismi per sottolineare l'importanza della tecnologia, è avvezza
a questo genere di interrogativo universale: Incontro con Rama e,
in parte, La città e le stelle sono romanzi di cui ho già
parlato e che affrontano tematiche simili. In 2001
il percorso è episodico, il narratore onnisciente e freddo inizia
dal passato e finisce in un futuro ipotetico, facendoci una
cronologia di fatti quasi leggessimo un libro di storia del futuro.
In 2010 Odissea due (1982), Clarke fornisce una spiegazione ai fatti di 2001 proseguendo così la vicenda dell'umanità protagonista della sua visione cosmica. Il romanzo ha una forma narrativa migliore del predecessore ed è più lungo. L'essere superiore in cui Bowman si è trasformato ci rivela l'intenzione di queste entità di “tutelare” lo sbocciare della vita nell'universo. Se da un lato perdiamo il misticismo del primo libro, dall'altro ci guadagniamo un intrigante sviluppo narrativo. L'epilogo è forse la parte meno interessante in quanto Clarke si spinge a 20.000 anni nel futuro per dirci quello che, in realtà, volevamo solo immaginare.
Il libro, pur essendo
figlio dei suoi tempi (specie nelle situazioni descritte tra Stati
Uniti e Russia), ha un ampio respiro ed è un grande esempio
dell'abilità del suo autore. Poco dopo l'uscita, ne è stato
ricavato anche il film, altrettanto bello e capace di proseguire con
il giusto spessore laddove terminava l'illustre 2001
kubrickiano.
Idee alla base ****; sviluppo ***½; consigliato ****
Il terzo volume, 2061
Odissea Tre (1987), è una caduta di stile
che ha davvero poco da spartire con i due predecessori. La forma è
descrittiva all'eccesso, priva di dialoghi e di sostanza: da una
parte una missione sulla Cometa di Halley, che prende spunto dal
passaggio che la cometa ha fatto a metà degli anni '80, dall'altra
una spedizione di salvataggio di un'astronave caduta su Europa, che
abbiamo lasciato in 2010 come
culla di una probabile nuova forma di vita. Si scoprirà che su
Europa esiste un diamante delle dimensioni di una montagna in grado
di sconvolgere il futuro economico e sociale degli esseri umani. Il
protagonista che ritorna dal libro precedente non aggiunge nulla alla
narrazione. La vicenda è addirittura in conflitto con l'epilogo del
secondo romanzo, come se Clarke avesse perso completamente il filo.
In definitiva, saltate a piè pari 2061
e passate subito a 3001.
3001 Odissea finale (1997) tenta di dare un'ultima risposta, fornendo un epilogo definitivo, al mistero dei monoliti. Assodato che si tratta di “veicoli” di un'ignota intelligenza aliena, ora si rivelano essere una seria minaccia: se le forme di vita nel sistema solare non si fossero rivelate all'altezza, come si lascia intendere, questa intelligenza superiore deciderà di porvi fine. Poole, il compagno di Bowman nella prima missione in 2001, viene ritrovato e riportato in vita grazie alle tecnologie del quarto millennio, ed è lui il protagonista del romanzo. Come viene sconfitta la minaccia? Grazie a una sorta di virus informatico all'ennesima potenza.
La parte più interessante
del libro è l'esplorazione della civiltà del 3000 da parte del
“profugo” Poole, mentre tutto il resto – il ritorno dei
protagonisti originali, l'epilogo della saga – sa di forzato e
lascia insoddisfatti, per quanto la costruzione nel complesso sia
migliore rispetto a 2061.
Clarke, che scrive questo libro a metà degli anni '90, è
affascinato dalla rivoluzione informatica e ne fa un tema importante
del romanzo. In questo senso, tra tutti è sicuramente quello che più
si avvicina all'attualità, e vi troviamo qualche bella pensata
clarkiane. Purtroppo questo non è sufficiente a fare da ossatura
alla vicenda e a fornire un degno epilogo all'Odissea.
Idee alla base **½; sviluppo **½; consigliato **½
Leggi anche:
Clarke: Le sabbie di Marte & L'ultimo teorema (e il paradosso Clarke) Clarke: Le fontane del paradiso & Polvere di Luna
Clarke: Incontro con Rama
Clarke: Terra imperiale & Spedizione di soccorso
Clarke: La città e le stelle
M. John Harrison: Il ciclo Kefahuchi pt.1
M. John Harrison: Il ciclo Kefahuchi pt.2
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