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JG BALLARD - CRASH: L'AUTOMOBILE COME METAFORA ESTREMA



Crash, pubblicato nel 1973 e oggi edito in Italia da Feltrinelli, è uno dei libri più rivoluzionari non solo nella carriera di J.G. Ballard, il suo autore, ma anche nel panorama generale della letteratura postmoderna e di speculazione. “La guida condensa molte delle esperienze che caratterizzano l'uomo negli anni Settanta, il matrimonio tra gli aspetti fisici di noi stessi e gli aspetti immaginativi e tecnologici delle nostre vite. Credo che il ventesimo secolo raggiunga la sua più alta espressione nelle autostrade. Lì c'è tutto, la velocità e la violenza della nostra epoca, l'amore per la stilizzazione, il fascino, il lato organizzato delle cose.”
Nel 1970, tre anni prima dell’uscita del romanzo Crash, James G. Ballard non può ancora a scorgere tutte le implicazioni della sua visione. Una visione che si evolverà nel corso di tre decenni portandolo fino alle conclusioni espresse in Cocaine Nights, Super Cannes, Regno a venire e negli altri lavori conclusivi della sua carriera.
Negli anni Sessanta, Ballard inizia un percorso di analisi della società contemporanea (ma si potrebbe anche dire della specie umana) che passa attraverso l'intuizione dell'esistenza di nuove logiche in grado di spiegare le ossessioni del presente, generate dal vivere all'interno di un paesaggio non più naturale, bensì tecnologico e mass-mediatico. Dopo essersi lasciato indietro gli scenari fantastici della prima trilogia di romanzi dedicati alle “catastrofi al contrario”, abbiamo visto che a partire da La mostra delle atrocità Ballard elimina ogni elemento naturale e fantastico per esplorare il simbolismo insito negli anni Sessanta. Con i romanzi successivi prosegue ad allargare il raggio della sua esplorazione, cominciando da Crash, proseguendo con L'isola di cemento e concludendo con Il condominio. Questi tre titoli costituiscono una vera e propria trilogia di parabole radicali, soprattutto se lette oggi, con il famoso senno di poi. Oggi ci occupiamo di Crash; degli altri due ci occuperemo in seguito.


Crash (pubblicato per la prima volta nel 1973) rivolge l'attenzione a uno degli oggetti più rappresentativi dell'intero XX secolo: l'auto e, con essa, la strada. Se non si conoscono le intenzioni dell'autore non sarà facile capire questo romanzo. Capitolo dopo capitolo seguiamo James, il narratore protagonista (porta lo stesso nome dello scrittore), che si rimette da un brutto incidente d'auto sulle strade di Londra e incontra Vaughan, sorta di mentore con cui condivide alcune idee estreme. Insieme passano attraverso automobili, strade, incidenti, corpi umani: tutto ciò da cui sono attratti, li ossessiona e li rende vivi. Ogni osservazione proviene da James, tutto è filtrato attraverso la sua visione con una cadenza quasi catartica.
Nell'epoca in cui Ballard scrive, l'auto è lo status symbol per eccellenza: porta in sé elementi fondamentali di aggressività ed erotismo, desiderio di libertà e sfoggio di stile. Costituisce uno dei maggiori simboli tecno-sessuali del XX secolo, rappresentativo anche dei progressi della tecnologia “alla portata di tutti” (come oggi lo sono i prodotti high-tech di consumo). L'immagine dell'auto e della strada, spesso associata all'America, è iconica del sogno americano e della controcultura in tutte le loro contraddizioni (si pensi a Jack Kerouac, Neal Cassady e la Beat Generation, di cui James e Vaughan di Crash sembrano essere un’estrema reincarnazione postmoderna). Le morti delle celebrità in incidenti d'auto (James Dean, Jayne Mansfield, fino alla più recente principessa Diana) sono eventi che si ripetono con una certa regolarità e, soprattutto nell'epoca a cui si riferisce Ballard, lasciano un forte segno nella cultura popolare e nella fantasia collettiva. Perché la nostra immaginazione si fissa in particolare su queste immagini (e su questo tipo di incidenti), più di tutti gli altri? Questa è la domanda che Ballard si pone in Crash e La mostra delle atrocità.


Un'ossessione che ha che fare con la tecnologia, dal momento che l'auto è una macchina sofisticata. Cosa succede, dunque, quando una macchina diventa l'estensione di impulsi umani primitivi e fondamentali – libido, violenza e libertà – e un mezzo con cui soddisfarli? Secondo Ballard la presenza e l’uso delle nuove tecnologie nella nostra vita quotidiana ha come conseguenza una gamma di nuove psicopatologie, soprattutto fantasie sessuali, che cambiano il “design” delle nostre vite.
“Sto cercando di mostrare l'emersione di nuove logiche”, spiega (nelle interviste raccolte nel volume Extreme Metaphors, curato da S. Sellars). “Molta gente commette l'errore di credere che la gente acquista automobili per via della grande pubblicità e della pressione sociale. Niente è più distante dalla verità. Sin dagli anni 30 negli Stati Uniti, quando lo stile si è imposto come parte importante del design, l'industria automobilistica è diventata un perfetto esempio di come un grande sistema tecnologico incontri importanti bisogni psicologici. L'automobile rappresenta da quarant'anni una complessa rete di realizzazioni personali di vario genere. A un livello superficiale soddisfa il bisogno di un oggetto affascinante, stupendamente scolpito nell'acciaio, con integrati ogni sorta di disegni concettuali. A un livello più profondo rappresenta […] l'estensione della propria personalità in varie direzioni, dalla sessualità repressa all'aggressività, la gamma completa. Analogamente, rappresenta tutti i tipi positivi di libertà, e non parlo dell’ovvia libertà di andare da un posto all'altro, ma libertà che non possiamo prenderci normalmente, o di cui non ammettiamo nemmeno l'interesse. La libertà di uccidersi, per esempio.”


Esiste una zona di piacere definita dalle tecnologie. Esse consentono di sfogare e al contempo tenere sotto controllo una nuova gamma di fantasie di natura prettamente sessuale. In Crash, perciò, Ballard ipotizza una nuova psicopatologia emergente, inscritta a livello collettivo e perciò accettata (o accettabile), che conduce le persone a dar sfogo ai propri impulsi. Il sesso organico previsto dalla natura ai fini riproduttivi è sempre meno significativo perché non è legato ai valori e alle reali esperienze che l'uomo sperimenta nel paesaggio mediatico e tecnologico nel quale è immerso, per lo più violento e che incentiva piaceri forti, rapidi e ricorrenti.
Ovviamente in tutto questo non c'è spazio per il sentimento, ma solo per la sessualità fisica. Secondo Ballard il primo effetto (o traguardo) della tecnologia, è proprio questo: affettività ed emozioni non sono più necessarie, anzi sarebbero d’ostacolo. Nel “nuovo ordine psichico” teorizzato in Crash non occorre più alcuna interferenza da parte delle emozioni. Ecco perché le cose sembrano così semplici per i personaggi, ma così stranianti e illogiche per noi (ancora vincolati al filtro emotivo). Ecco dove risiede il fascino di Vaughan agli occhi di James, più vicino al lettore nel suo percorso iniziatico verso le logiche di questo “mondo nuovo”.
Crash è un romanzo radicale: solo se male interpretato sembra legittimare comportamenti malsani o criminosi, sia sessuali che stradali. In realtà Ballard segue le tendenze che vede esistere intorno a lui, nella sua epoca (ma anche oggi), e le percorre fino al loro estremo, fino al punto di rottura. “Per dirla crudamente, sto dicendo: quindi credi che la violenza sia sexy? Bene, ecco dove questo ti porterà. Ma se mi chiedi: dovremmo andar fuori e schiantarci con le nostre auto?, ti rispondo: ovviamente no! È una distinzione molto importante.”
Se nei primi romanzi di derivazione fantascientifica, come Il mondo sommerso, la simbologia di Ballard si riferiva alla natura, ora soltanto il caotico paesaggio metropolitano può descrivere la desolazione e l'alienazione dell'individuo, senza più ritorno ad alcuna dimensione naturale. Non è più un agente naturale esterno il responsabile del “disastro”: in Crash è l’essere umano stesso a innescare il suo processo di cambiamento. Lo scenario, la città di Londra, assume un ruolo “organico”: la città viene descritta come un organismo vivente, l'eterno flusso di traffico è il sangue che fluisce nelle vene (le strade) del tessuto urbano.


Dal punto di vista stilistico Crash ha una scrittura “tradizionale”, pur concentrandosi su tematiche che in un certo senso sono una continuazione e un approfondimento dello sperimentale La mostra delle atrocità. “In Crash,” spiega Ballard, “utilizzo quella che ritengo sia la tecnica appropriata, una narrazione lineare, semplicemente per via delle idee inaspettate che offre, senz'altro impegnative. Il miglior modo per esprimerle è il modo lineare.”
L'io narrante è in prima persona e si chiama proprio James Ballard: un'astuzia utile a rendere il tutto più reale e diretto possibile. James fa da mediatore tra Vaughan, che ha compreso e abbracciato il cambiamento senza riserve, e il lettore, totalmente estraneo e inconsapevole. James si situa a metà strada: affascinato da questa nuova formula per l’esistenza sta tentando di comprenderne le regole, cercando anche di liberarsi dai vecchi vincoli. Rappresenta in pratica lo sforzo del lettore verso la visione di Ballard. Con l'espediente del nome reale, Ballard si pone sia all'esterno che all'interno al romanzo, assottigliando ulteriormente il confine tra finzione e realtà.
La lettura di Crash non è difficile nonostante le tematiche: l’autore riesce ad accompagnarci in modo glaciale e dolce allo stesso tempo alla scoperta di qualcosa di sconvolgente ma anche accettabile e plausibile. Tuttavia c'è un aspetto che può disorientare. Anziché chiarire la sua posizione (morale, politica o filosofica) in ciascuna delle scene che descrive, in Crash Ballard fornisce al lettore uno spettro di possibilità tra cui scegliere, evitando di prendere posizione. “Il funzionamento del libro dipende dalla reazione del lettore”, dice.
Crash non è fantascienza in senso classico, ma di fatto costituisce una potente riflessione politica e sociologica che rientra in una fantascienza del presente che oggi definiamo speculative fiction, e che conosciamo bene grazie a molte opere letterarie o cinematografiche di indubbio valore. Dice Ballard: “non mi aspetto che il mondo finirà in una sorta di apocalisse automobilistica a base di sesso e violenza; la mia visione è un'ipotesi estrema che ritengo inscritta nel nostro presente.”




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