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KING: HOLLY (2023), NELLE IDEE SBAGLIATE LA FOLLIA METTE RADICI


Holly Gibney dell'agenzia investigativa Finders Keepers indaga sulla scomparsa di una ragazza. Siamo in piena pandemia Covid, la madre di Holly è appena morta e lei dovrebbe essere in ferie. Nei pressi del parco dove la ragazza è scomparsa c'è la casa di Rodney ed Emily Harris, professori universitari emeriti, ora in pensione, la cui mente è più contorta di quanto non diano a vedere. Nella loro cantina c'è un laboratorio che nessuno deve scoprire, un laboratorio che mandano avanti da parecchi anni...
A differenza dei romanzi seguiti a Mr. Mercedes (2014) con Holly Gibney come protagonista o co-protagonista, Holly si rivela sin dall'inizio avvincente, ben congegnato e profondo da un punto di vista umano.
Il problema dei precedenti non era nella protagonista ricorrente, anzi. Holly è uno dei personaggi più tridimensionali che King abbia mai scritto, e di sicuro la sua miglior figura femminile. La sua evoluzione dal primo Mr. Mercedes è davvero notevole. No, in quei libri il problema era la mancanza di idee e di acume, erano detective stories scialbe con antagonisti fiacchi che parevano buttati lì solo per sostenere una trama. Pseudo-mostri privi di originalità e carattere (The Outsider in particolare), che affossavano anche gli spunti migliori, cioè appunto Holly Gibney e i suoi comprimari. Sarà stata anche colpa di una fase di down generale in cui pare essere caduto King nell'ultimo decennio (ne ho scritto circa un anno fa), perché anche Fairy Tale, che tornava al genere fantastico e faceva ben sperare, è stato un micidiale passo falso.

Holly Gibney nella bellissima versione televisiva di Mr. Mercedes

Date le premesse, su Holly non nutrivo speranze. Invece, fin dalle prime pagine ho ritrovato il Re al pieno della sua forma. Holly dimostra che King è, sopra ogni altra cosa, uno scrittore di personaggi. Scava dentro di essi e sorprende per la genuinità e il realismo con cui ci riesce. Holly Gibney finalmente ha avversari degni della sua portata "umana", oltre che di detective: l'anziana coppia di killer.
No, non sto spoilerando nulla. Le regole di un giallo classico, o una detective story, qui sarebbero state insopportabilmente strette. Anziché chiamarci a scoprire l'identità del colpevole insieme alla detective, King ci svela la loro identità fin dall'inizio. Vuole che partecipiamo alla gara contro il tempo che si svolge tra i due per farci vedere tutti i perché.
I mostri interiori sono quelli che più ci terrorizzano: sono i più veri e insospettabili. Il lato oscuro di due vecchi professori universitari, socievoli, acculturati e stimati dalla comunità, è terrificante proprio perché potrebbero abitare la casa accanto alla nostra. "Erano così gentili e cari..." Forme devianti in perfetto anonimato, generate forse dalla profonda crisi del sistema culturale del nostro tempo, altra questione su cui King batte più volte in Holly, riferendosi in particolare alle fake news, alla mala-informazione, ai no-vax e a Trump (su cui non si risparmia).
Nelle idee sbagliate, malsane, prive di fondamento e diffuse senza controllo, la follia può mettere radici profonde, senza che nessuno se ne accorga finché non è troppo tardi. Come le convinzioni sulle proprietà benefiche della carne umana di cui è impregnata la mente del vecchio professore. Il genere di idee alla base del proselitismo di tipi come Trump.


Oltre alla linea narrativa principale, King traccia quella di Jerome e Barbara Robinson, due amici di Holly e "aiutanti" nelle sue indagini precedenti, qui impegnati a trovare la loro strada nel mondo della letteratura. Oltre a essere un piacevole contorno con personaggi ben scritti, la loro interazione lieve ma fondamentale con le indagini accresce il senso di minaccia e di impellenza.
Il Covid, poi, cala il tutto in uno scenario che ci è talmente familiare, vicino e fresco nella nostra memoria, che a tratti pare quasi eccedere di realismo. Un kinghiano non può non aver pensato almeno una volta, mentre leggeva, al fatto che King avrebbe potuto scrivere "Capitan Trips" al posto di "Covid", ambientando la storia ai primissimi giorni dell'epidemia raccontata in L'ombra dello scorpione, e nulla sarebbe cambiato.
Forse l'ingenuità di Holly (ma è un'ingenuità presente da sempre nell'opera di King) è la facilità con cui giusto e sbagliato vengono separati. Una distinzione così netta tra buoni e cattivi, bianco e nero, purtroppo non possiamo concedercela nella realtà oltre le pagine. Per non parlare della facilità con cui tutti i suoi personaggi dotati di velleità letterarie ottengano successo immediato e sontuosi anticipi da parte di editori ricchissimi e generosissimi. Credo che questo rappresenti bene l'irriducibile ottimismo che King nutre verso il suo lavoro e che desideri infonderlo, a dispetto di tutto, alle nuove generazioni di scrittori che lo leggono.
La narrativa, comunque, ci piace e ci invoglia anche per il suo essere una copia del mondo reale, ma più semplice da comprendere, gestire, affrontare. Nella speranza che ci sia d'aiuto o almeno di consolazione.


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