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SIMAK: ANDARE "OLTRE L'INVISIBILE" (GLI ESORDI)


Clifford D. Simak è uno di quegli scrittori celebri nel mondo della fantascienza che non hanno purtroppo raggiunto popolarità al di là del genere, verso un pubblico più vasto. Eppure è stato d'ispirazione per Isaac Asimov e ha anticipato autori e poetiche della “fantascienza letteraria” o colta. Nel suo romanzo-tipo ci sono innanzitutto filosofia e meraviglia, e dietro di esse vi sono gli scenari futuri o futuribili dell'uomo, i viaggi verso le galassie, gli androidi e persino i cani super-evoluti. Le sue storie sono al servizio delle idee, modellate a sostenere una potente poetica personale.
In questa serie di articoli (che ho pubblicato originariamente nel 2013 sul mio vecchio blog, BeatBlog, e che ora ho rivisto e ampliato) mi accingo a fare una carrellata sulla produzione principale di Simak: circa una dozzina di testi fondamentali che spaziano dagli esordi alla fine della sua lunga carriera (in gran parte sono reperibili dalla casa editrice Elara di Ugo Malaguti, mentre alcuni sono usciti nella collana Urania).


Ingegneri cosmici e Impero sono i due romanzi con cui Simak ha esordito, dopo aver fatto gavetta nel mondo dei racconti brevi. Entrambi sono stati scritti a partire dal 1939 ma sono stati rivisti e pubblicati tra il 1950 e il 51.
In Ingegneri cosmici, due giornalisti interplanetari in viaggio per Plutone avvistano un relitto: una capsula lanciata ai tempi delle guerre spaziali, nella quale giace ibernata una scienziata considerata una traditrice del genere umano. Su Plutone intanto giungono improvvisamente misteriosi segnali: un antico popolo chiama a raccolta le intelligenze dell'universo conosciuto per scongiurare un pericolo.
In Impero siamo nel 2153 e l'umanità ha colonizzato il sistema solare grazie agli accumulatori di energia, il cui monopolio è nelle mani della Compagnia Interplanetaria. Il suo fondatore, Chambers, sogna un impero che possa condurre gli uomini a un futuro migliore, anche pagando il prezzo della libertà. Quando qualcuno scopre come produrre energia dalla materia a costo zero, arrivando persino a infrangere la velocità della luce e viaggiare nell'universo, attorno al monopolio di Chambers si scatena una guerra.
Si tratta di storie di “superscienza” piuttosto legate allo stile delle riviste popolari di quegli anniImpero fu addirittura sviluppato da un'idea di John W. Campbell, il direttore di Astounding Stories, ma Simak ci mise del proprio: alcuni passaggi, riletti col senno di poi, contengono i germogli delle sue tematiche future. Le premesse di Ingegneri ben rappresentano le idee in moto nella sua mente, sebbene in questo romanzo siano ancora soltanto abbozzate. Simak parla delle incredibili possibilità custodite dall'universo, delle verità celate nelle intelligenze a noi sconosciute, dell'inevitabile destino di una civiltà ottusa come la nostra.
I limiti di questi due romanzi, in particolare Impero, si possono riscontrare nelle lunghe parti di dialogo e spiegazione delle teorie scientifiche che vogliono andare a sostegno della trama, ma che oggi non reggono la prova del tempo. In qualche modo sembra che la narrazione, ingabbiata negli schemi convenzionali, si trattenga dal lasciarsi andare, dallo sbocciare. Errori che il Simak più maturo eviterà, come tanti altri autori di quel filone successivo che rinnoverà la fantascienza, allontanandola un po' di più dalla superscienza.



Nel successivo Oltre l'invisibile (1951), Clifford Simak riesce a snocciolare spunti davvero interessanti e all'avanguardia. Il salto di qualità rispetto ai precedenti romanzi è evidente: in Oltre l'invisibile troviamo le vere e proprie fondamenta della poetica simakiana.
La civiltà umana ha colonizzato la galassia, è in guerra con gli androidi e sta per aprire una porta sul tempo in grado di manipolare gli eventi. Sutton (il protagonista) si salva da un naufragio spaziale e fa ritorno a casa portando con sé una presenza che gli parla nella mente, e un libro messianico, firmato con il suo nome, ma che lui non ha mai scritto.
L'obiettivo di Simak è interrogarsi sulla possibilità di una condizione di vita diversa da quella che conosciamo, situata in un altrove più o meno specificato, in questo caso su un pianeta lontano. Una condizione di vita governata da una sorta di coscienza intangibile (ma tratteggiata come un microrganismo) che rappresenta per l'uomo la possibilità di trovare finalmente il giardino dell'eden. Quando Sutton entra in contatto con questa conoscenza decide di diffonderla mediante un libro che diventerà più importante della Bibbia. Dal futuro cercheranno di impedirglielo.
Forse Simak ha osato un po' troppo nell'introdurre viaggi e paradossi temporali in modo così marcato, perché pur rendendo l'intreccio incalzante alla fine tendono a distogliere l'attenzione dall'argomento centrale. L'impatto del romanzo è quindi maggiore nella prima parte, ma anche la conclusione è essenziale nel rivelarci una chiave di lettura fondamentale del pensiero simakiano: l'inevitabilità degli eventi.
Quello delle possibilità miracolose offerte dall'universo è un grande tema di Simak: c'è sempre qualcosa di più al di fuori della Terra, una promessa suprema situata oltre l'invisibile, ma che si scontra inevitabilmente con la natura umana e il suo materialismo.

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