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P. K. DICK: LABIRINTO DI MORTE (UN FORMICAIO DI ILLUSIONI E PATIMENTI)



Dopo l'apice rappresentato da Ubik, tra il 1968 e il 69 Philip Dick entra in un momento di declino creativo e scrive due romanzi minori, ma sempre fortemente personali e incentrati sui dilemmi che lo tormentano. Come il dualismo reale/non reale, al centro di Labirinto di morte.
Un gruppo di persone si ritrova sul pianeta Delmak-O per iniziarne la colonizzazione, ma nessuno ha informazioni su cosa fare di preciso. I componenti della squadra iniziano a morire per omicidi, suicidi o incidenti, mentre chi sopravvive punta a raggiungere un palazzo misterioso che appare con aspetto diverso a seconda di chi lo guarda. Pian piano una parvenza di verità sembra svelarsi: se la nave fosse stata manomessa e l'equipaggio distolto da un fine ben più importante? Le sorprese sono appena iniziate.
Labirinto di morte inizia come un'indiscernibile mescolanza tra avventura, giallo e allucinazione, e soltanto nell'ultima parte acquisisce senso, quando si palesa la natura illusoria, non reale, dell'esperienza vissuta dai protagonisti. Tranquilli, con Dick il concetto di spoiler è superato: questo è solo l'inizio, Dick schiva i punti fermi e le facili spiegazioni. Ecco quindi che una serie di colpi di coda rimettono in discussione cos'è reale e cosa non lo è, e quale destino i protagonisti possono considerare "quello vero". Sempre che il concetto di "vero" abbia ancora senso, perché l'obiettivo di Dick è appunto quello di metterlo in crisi.


Il romanzo è freddo, cupo, rabbioso persino, scritto in uno dei momenti più difficili, mentre anche il quarto matrimonio va a rotoli e P.K.D. si abbandona sempre di più alle droghe. I patimenti dei membri dell'equipaggio, che su Delmark sembrano girare in tondo e procurarsi più che altro dolore, proprio come intrappolati in un labirinto, non sono poi così distanti dai patimenti quotidiani di tutti noi, membri di un piccolo e frenetico formicaio di facili illusioni, con pochi strumenti a disposizione per informarci in modo oggettivo su cosa potrebbe esserci "oltre", "sopra" di noi. Labirinto è un romanzo intriso di pessimismo e spietata ironia (tanto che Dick fa dire a uno dei protagonisti che il suo massimo desiderio è reincarnarsi in un cactus).
Dick scivola anche sull'elemento religioso, pur senza renderlo centrale. In questo romanzo Dio esiste ma è stato "declassato" a entità materiale, fisica, in grado di rispondere (se vuole) alle richieste che gli vengono rivolte, come accade con il primo personaggio che incontriamo, Bill. Dunque, a conti fatti la preghiera e l'impegno rendono raggiungibile qualunque traguardo. Questo è un elemento che caratterizza ulteriormente lo scenario di un'umanità in disfacimento, un universo in cui ci si smarrisce facilmente in infiniti labirinti e molteplici strade percorribili.
Non siamo certo al livello di Ubik: con i suoi 14 personaggi (!) Labirinto di morte è frammentario, talvolta difficile da seguire, ma pur sempre un altro squarcio nella mente di un artista pieno di ossessione, dolore e confusione.


 

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