RACCONTI LUNGHI, QUESTI SCONOSCIUTI...
Leggere questo commento mi ha fatto sorridere non perché riguarda un mio racconto (la persona in questione ha scelto di leggermi, di acquistare il mio ebook, ha detto onestamente ciò che pensa e mi ha dato quattro stelle, quindi mica mi posso lamentare), ma perché centra il punto su un tema che anche io, come lettore, trovo spinoso. Quello dei racconti lunghi, o novelette, ovvero testi troppo lunghi per essere trattati in antologie o riviste come i racconti brevi, ma troppo brevi per essere pubblicati in forma di romanzo (anche romanzo breve), sebbene ogni tanto qualche editore ci prova giocando sul formato di stampa (almeno con i nomi grossi, come ad esempio è stato per Elevation di King).
Il commento sopra mi ha fatto capire che il lettore, al termine del mio racconto lungo, ha provato la stessa cosa che capita di provare anche a me quando affronto questo tipo di formato. A fine lettura mi ritrovo spesso con un senso di incompiutezza e perplessità. L'equivalente di un buon antipasto a cui so che non seguirà né primo né secondo. Questo a prescindere dal valore del racconto in sé o dalla bravura dell'autore, anzi, capita soprattutto quando il testo mi piglia bene sin dall'inizio (vuoi per le premesse, vuoi per il tema, vuoi per lo stile).
Mentre il racconto breve è uno snack che so perfettamente che finirà in due morsi, la cui soddisfazione è legata già in partenza alla misura dell'involucro, e i romanzi sono un pasto completo in due/tre portate (certuni pure il pranzone di natale), ecco che i racconti lunghi mi rimangono un format nutrizionale non ancora chiaro. Mi apre lo stomaco senza sfamarmi.
Tutto ciò è una mia sensazione, s'intende: non è detto (anzi spero proprio di no) che valga per tutti. Da quel che sento in giro, però, molti lettori ci si ritrovano. Beh, qual è il problema, direte voi? Smetti di leggere i racconti lunghi, non fanno per te. D'accordo, può essere.
Ma il vero problema sta nel fatto che adoro scriverli. Perché sono, sinceramente e spassionatamente, comodi. Non richiedono l'impegno di un romanzo ma permettono di andare più a fondo nei personaggi e nella trama rispetto a un racconto breve, che si deve esaurire in poche migliaia di battute. Insomma, scriverli è maledettamente divertente. Una vera goduria!
Quindi, amando scriverli, vorrei anche goderli pienamente quando mi capita di leggerli, altrimenti non mi sento in pace con la coscienza. Ecco un'altra delle mille dicotomie tra i vari ruoli che interpretiamo, tra le varie sfere della nostra vita, che non sempre si armonizzano nel modo che vorremmo.
Come lettore, probabilmente, il mio pasto narrativo ideale è il romanzo di lunghezza media, sulle 3-400 pagine. E il vostro qual è? Quante portate deve avere? Ve lo siete mai chiesti?
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