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KING: SE SCORRE IL SANGUE (2020), QUATTRO SFUMATURE DI STEVE



Con un po' di humour nero (forse e soprattutto sull'etichetta di re dell'horror che lo accompagna dagli anni 70) per la sua nuova antologia di racconti lunghi Stephen King prende le mosse da una massima del giornalismo, "se scorre il sangue, si vende". If It Bleeds (questo il titolo originale) contiene quattro novelle nella tradizione ormai classica iniziata negli anni Ottanta con Stagioni diverse e proseguita nei decenni successivi con Quattro dopo mezzanotte e Notte buia niente stelle.
E mai come in questo caso le quattro storie rappresentano quattro sfumature di zio Steve totalmente differenti l'una dall'altra: ce n'è una che è tra le migliori cose mai scritte da King e un'altra che non vale la carta usata per stamparla (a mio umilissimo parere, va da sé). Quindi è impossibile dare un giudizio complessivo all'antologia, occorre cimentarsi con i singoli racconti come se fossero isole sparpagliate su varie latitudini, da visitare una dopo l'altra. Sarà un viaggio a tratti appagante e a tratti snervante.

Partiamo dal peggio: il romanzo breve che dà il titolo alla raccolta (sì, perché di fatto conta circa 200 pagine) si presenta da subito come il sequel di The Outsider. La storia è l'indagine da parte di Holly Gibney su un essere mutaforma assetato di sangue, parente dell'antagonista del romanzo precedente. Ci sono innumerevoli riferimenti al passato, anche alla trilogia di Mr. Mercedes, dove Holly ha fatto il suo esordio, perciò leggere questo racconto senza conoscere le precedenti avventure di Holly potrebbe essere faticoso. Ma questo è il minore dei problemi, il fatto è che il racconto non dice niente di interessante né a livello di trama (una piattissima detective-story) né di personaggi (Holly è stata interessante soltanto in Mr. Mercedes). Insomma Se scorre il sangue è una copia ancora più scialba e inutile di The Outsider (che già era il peggior romanzo di King di sempre). Non salvo proprio niente di questo racconto, sorry Steve.

In apertura troviamo Il telefono del signor Harrigan. Nei primi anni Duemila il giovane Craig fa amicizia con un vecchio magnate della finanza, ormai in pensione, che viene ad abitare vicino a casa sua. Siccome Harrigan è poco avvezzo alle nuove tecnologie digitali, Craig gli regala un cellulare di ultima generazione e riesce a farlo appassionare al vasto mondo di internet. Quando Harrigan muore, qualcosa continua a vivere nel telefono...
Un racconto con buone premesse, che riflette sulla digitalizzazione, il gap tecnologico tra le generazionil'avvento di smartphone e social media, nel quale King infila furbescamente alcune battute profetiche tipo "in un futuro non troppo remoto lo spam potrebbe decidere le elezioni" (cogliendo l'occasione per una frecciatina a Trump). Il rapporto tra Craig e Harrigan è il vero cuore del racconto e dell'incantesimo narrativo di King, scritto con trasporto e sentimento come solo lui sa fare. Paradossalmente è proprio l'elemento sovrannaturale a essere inutile, facendo scivolare il racconto fuori strada nell'ultima parte e mancando l'obiettivo che credevamo di aver intravisto. In fondo il King di Cuori in Atlantide o Stagioni diverse non aveva bisogno di trovate alla Creepshow per far funzionare egregiamente un racconto... 



In Ratto, uno scrittore di racconti di nome Drew tenta per la terza o quarta volta di produrre un romanzo, folgorato da un'idea che ritiene vincente. Per riuscirci si isola nella vecchia baita di famiglia, in mezzo ai boschi. Lì, oltre a fare i conti con lo spettro dei fallimenti passati, sarà in balia di una violentissima tempesta e di qualcosa che veste le sembianze di un ratto.
Uno scrittore sul ciglio dell'esaurimento (ma che ama davvero la sua famiglia, a differenza di Jack Torrance) e i demoni che si celano nell'atto creativo dello scrivere: un terreno fertile e conosciuto per King, forse più classico ma proprio per questo anche più solido. Gli elementi soprannaturali che irrompono nella vita di Drew simboleggiano le crisi della vita e il "patto col diavolo" che a volte facciamo, o vorremmo fare, per raggiungere i nostri sogni. Ho letto che Ben Stiller ha acquisito i diritti per un farne un film: se lo fa ci sarà da divertirsi (nel bene o nel male!).

Il colpo di genio arriva con Vita di Chuck, una lettura che nessuno può aspettarsi aprendo If It Bleeds. È impossibile definirne la trama, ma si potrebbe tentare di inquadrarlo con due assunti: diciamo che dalla vita di un uomo ne possono dipendere molte altre, e che la mente umana potrebbe essere sconfinata quanto una galassia. Sì, è molto criptico, ma dovrete leggere il racconto per sapere il resto, io di certo non ve lo dirò. Si costituisce di tre parti, con protagonisti e scenari diversi, interconnesse in un gioco di scatole cinesi che riuscirete a comprendere nel suo insieme soltanto dopo aver raggiunto l'ultimo involucro. Senza esagerare, potrebbe essere il miglior racconto di King e uno dei più bei racconti mai scritti in senso assoluto. La potenza e le sensazioni che mi ha trasmesso sono state analoghe a quando, anni addietro, lessi L'ultima domanda di Asimov.

Tirando le somme, dunque, abbiamo due racconti affascinanti, Ratto e Vita di Chuck, che trovano il loro posto nelle fila della tradizione fantastica accanto a quelli di Poe, Bradbury e altri fuoriclasse, e che davvero valgono l'antologia. Il telefono del signor Harrigan è piacevole e interessante nelle premesse e nel significato, anche se non eccelso. L'unico neo è Se scorre il sangue, che però per lunghezza occupa metà dell'intera raccolta, perciò più che un neo è una voragine che lascia l'amaro in bocca. Per quanto mi riguarda (a meno che The Outsider non vi sia piaciuto tantissimo) potete saltarlo a piè pari.



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