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PHILIP J. FARMER (pt.3): GIORNI E NOTTI MAGICHE



Notte di luce (1970) è l'opera più complessa e lungimirante di Philip J. Farmer. Si tratta di un ciclo di vari racconti legati insieme da alcune ambientazioni e soprattutto dal protagonista, John Carmody, che da fuorilegge (nel primo episodio) percorre una travagliata via della fede fino a diventare sacerdote (nell'ultimo episodio). In ogni racconto Farmer si focalizza su qualche genere di domanda, di spunto di riflessione: da un prologo e un epilogo alquanto surreali – dove si parla di nuovi Dei che si contendono le genti dell'universo e danno forma fisica ai pensieri – a episodi allegorici – come il racconto in cui Carmody, reincarnando un messia divino, guida una razza di uccelli intelligenti verso la civilizzazione e la tecnologia. Certamente il libro più ad ampio spettro, più visionario, meno catalogabile di Farmer, composto nel corso di molti anni (ogni racconto nato e pubblicato autonomamente).
Ciascun racconto andrebbe lungamente analizzato per poter rendere giustizia alle idee dell'autore, che in questo ciclo ha saputo trasportarle in immagini, concetti e personaggi con uno stile unico nel suo genere. Il mosaico complessivo è ricchissimo di inventiva e di spunti di riflessione. Il tema centrale è la religione (o la teologia) e tutto ciò che ne deriva (fede, peccato, eternità, rivelazione). Argomento sempre scottante, specie a quei tempi, generalmente trascurato dagli autori di fantascienza, per Farmer è invece un tema ricorrente insieme a quello della sessualità. Padre Carmody è il suo personaggio simbolo: la sua continua, disperata ricerca di risposte, il suo annaspare tra mistificazioni, fedi e filosofie, senza porvi una conclusione vera e propria e lasciando quindi al lettore la sensazione di trovarsi su un misero lembo di sabbia in mezzo a un oceano in tempesta.
Nella continuità delle sue opere e dopo I fabbricanti di universi, Gli amanti di Siddo ed altri “in cui si discutono gli aspetti materiali della divinità, la logica continuazione era una sola: che Farmer passasse a un grandioso romanzo come Notte di luce, in cui affrontare il tema religioso fondamentale: la conversione, la Presenza che, se gli offre prove della sua esistenza, può essere creduta solo attraverso un atto di fede. […] il punto di partenza è un pianeta dove avvengono straordinari (ma spiegabili!) fenomeni psichici e fisici, e di qui la speculazione si svolge nella più assoluta correttezza del cosa accadrebbe se... ricavandone le conseguenze più logiche e ardite. […] Notte di luce offre alcuni spunti tra i più stimolanti: l'idea dell'evoluzione della dottrina; quella della Rivelazione che avviene per gradi, in tempi e pianeti diversi; la possibilità di conciliare le fedi terrestri con le extraterrestri; […] la possibilità [per l'uomo] di diventare onnipotente e di creare il suo dio […]” (da www.delosstore.it).
L'edizione più recente è in Urania Collezione.
Pagella: idee alla base ****½, sviluppo ****, consigliato ****

Venere sulla conchiglia (1975) è un caso isolato nella bibliografia di Philip Farmer, volutamente un omaggio a un altro autore (K. Vonnegut). Per dirla con Valerio Evangelisti (nella prefazione in Urania Collezione), Venere sulla conchiglia è il Pulp Fiction della fantascienza: non dice niente, non arriva a niente, ma procede unicamente grazie al suo stile. Peccato che, a tratti, sia pesante nella sua totale inconcludenza; lo stile a tratti è esaltante (ed esilarante), e di certo Farmer non si preoccupa dalla censura, ma letto oggigiorno ed essendo privo di quelle idee rivoluzionarie proprie dell'autore, lascia solo la voglia di tornare al Farmer più serio.
Pagella: idee alla base *, sviluppo *½, consigliato *


Il sistema dayworld (1985) fa parte delle opere più recenti di Farmer, ed è il primo libro di una trilogia i cui episodi successivi, come spesso accade, non sono all'altezza del primo.
Si racconta di un mondo dove gli uomini vivono soltanto durante uno dei sette giorni della settimana: nei restanti sei vengono “impietriti”. Esistono sette mondi diversi per usi e costumi ma ugualmente sottomessi a un governo totalitario. Naturalmente una fazione di ribelli lotta contro questo sistema: i “violagiorno” evadono le regole e vivono tutti i giorni della settimana.
Il protagonista del romanzo è un uomo che ha sette vite, sette famiglie e sette personalità, e che si ritrova braccato da più parti per una serie di eventi che si concatenano. Il cuore del romanzo sta appunto nel protagonista, nel suo struggersi per distinguere i suoi diversi “io”, cosa che gli riesce sempre più difficile man mano che la situazione si aggrava, la verità si confonde con la menzogna e il giusto con lo sbagliato. Farmer costruisce una sorta di spirale vorticosa che tuttavia, verso la fine, perde qualche colpo; sembra un po' confuso sull'epilogo, sulla risoluzione e il destino del personaggio. L'ambiguità e il finale aperto lo rendono quasi incompiuto, sebbene si dimostri molto interessante, avvincente e, come al solito, ricchissimo di idee originali. Anche nella narrazione, nei tratti decisi delle personalità (quasi personaggi diversi, pur essendo sempre lo stesso protagonista), ci troviamo di fronte a un Farmer maturo e che ci fa pensare.
Non mancano le sue tematiche ricorrenti. Una delle personalità del protagonista è quella di un prete, che ritorna con prepotenza verso la conclusione. La prima, quella più forte (in un certo senso il suo “io” più autentico, e anche quello meglio tratteggiato), è una sorta di investigatore infiltrato. Quasi tutte vengono tratteggiate soprattutto grazie ai rapporti di coppia e dei costumi sessuali che differenziano i vari mondi, e Farmer si sbizzarrisce con le possibilità. Dayworld insomma si colloca a pieno titolo nell'immaginario del suo autore ed è una lettura originale, anche se imperfetta.
L'edizione più recente è nella collana Urania Classici.
Pagella: idee alla base ****, sviluppo ***½, consigliato ***½

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