KEROUAC: LETTERE DALLA BEAT GENERATION
Uscito tra i tanti Oscar Mondadori intorno al 2000 (per il trentennale dalla morte dello scrittore), questo libricino di sole 123 pagine costituisce un piccolo tesoro per chi vuole approfondire la figura di Jack Kerouac andando al di là dei suoi romanzi, sbirciando nella sua vita personale e nelle relazioni con gli amici scrittori della Beat Generation. Le lettere vanno essenzialmente dal 1947 al 1956 (più un paio del 1941 e 42) e sono indirizzate ai familiari – la sorella Caroline, la madre Gabrielle – e agli amici – William Burroughs, Allen Ginsberg, Neal Cassady, Hal Chase, Sebastian Sampas, John Clellon Holmes, Philip Whalen, Gary Snyder.
Jack affronta gli argomenti più disparati e passa da lettere brevi e telegrafiche a lettere lunghe e narrative (indirizzate a Neal) su viaggi e città, talvolta inglobate nei libri successivi. Una scrittura che dimostra di evolvere e crescere anche nella corrispondenza personale. Proprio tra le prime lettere, quelle di un Kerouac ancora ragazzo, emerge un’ambizione smisurata – amorevolmente legata alla letteratura classica di Wolfe – che risulta persino divertente: “Se non tornerò, evidentemente non ero destinato a diventare un grande scrittore. Ecco perché credo che tornerò.” (1941). E pensare che il Kerouac scrittore famoso, portatore del Rinascimento Letterario Americano, sarebbe poi stato intimidito e disgustato dalla posizione raggiunta.
Lettere che valgono la pena di essere lette d’un fiato. E qui veniamo al lato dolente. Questo sottilissimo volumetto non è che un misero estratto dell’opera curata da Ann Charters (biografa di Kerouac) costituita da due volumi di 1300 pagine complessive, pubblicati in America con il titolo di Selected Lecters. Solo il primo volume dell'edizione originale contiene più di 200 lettere (1940-56), mentre in questa edizione italiana se ne contano 33. Motivo di sconcerto perché, trattandosi della testimonianza di una vita messa per iscritto, una traduzione integrale avrebbe rispettato gli intenti dell'opera della Charter, mentre 123 pagine lasciano a bocca asciutta.
Le lettere vengono spesso citate quando si va a leggere una biografia di Kerouac. A tutti gli effetti si conosce così tanto della sua vita, e di quella degli altri scrittori del gruppo Beat, grazie alla continua corrispondenza che si scambiavano. Quante volte si citano le stesse parole di Kerouac per spiegare la genesi di un suo libro: è lui stesso a raccontarla, via lettera, a qualcuno. È la corrispondenza (di Neal Cassady) a ispirargli persino la prosa spontanea che lo ha reso celebre. Le sue opere letterarie sono inscindibili dai taccuini, i diari, le lettere e quant’altro abbia scritto in vita, i quali non sono meno “letteratura” dei romanzi propriamente detti. Tutto questo, messo insieme, dà forma a un disegno d’insieme altrimenti irraggiungibile (la vera, completa Leggenda di Duluoz). Perciò se da una parte Lettere dalla Beat Generation è un piccolo tesoro, dall’altra parte ci troviamo di fronte a un pessimo esempio di cura editoriale (nel nostro paese, s'intende) che a libro terminato ci lascia con ancora più curiosità. Inoltre, come altri Oscar Mondadori usciti nel periodo del trentennale, è da anni fuori catalogo.
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