KING: CELL (2006), DELLA DE-GENERAZIONE
Una rappresentazione del "villain" di Cell [damaliteraria.blogspot.com] |
Con Cell Stephen King scrive una variante modernizzata del classico plot della Notte dei morti viventi e la trasforma in una delle visioni dell’Apocalisse a cui è legato sin dagli albori della carriera (L’ombra dello scorpione).
In questo romanzo l’umanità viene
decimata da un impulso che i telefoni cellulari “inviano” al
cervello delle persone azzerando la loro cultura e devolvendole agli istinti più violenti e primitivi. Ma c’è anche qualcosa di più (e di
sovrannaturale): i “cellulati” sono come dei ripetitori che si
nutrono di onde elettromagnetiche, ricevendole e ritrasmettendole, e finendo per sviluppare una
mente collettiva.
La storia di Cell riguarda un
gruppo di sopravvissuti unito dalle strategie di sopravvivenza e dalla ricerca di una spiegazione dei fatti. La visione di King si focalizza su un
territorio geograficamente limitato e sulle azioni di pochi protagonisti ben definiti, senza perciò diventare globale come in L’ombra dello scorpione o L'acchiappasogni. Uno schema a cui ci ha abituato in altre opere e che rimanda al concetto di
ka-tet della Torre nera: un piccolo gruppo di persone unite da
un destino comune. Alla sua guida c'è Clay, disegnatore
di fumetti, un artista, come tale un individuo con una sensibilità
particolare e più acuta del normale (come i tanti scrittori che King usa come protagonisti). La citazione alla Torre non è nemmeno tanto
subdola perché il personaggio del fumetto disegnato da Clay rimanda
esplicitamente al pistolero protagonista dell'epica saga.
In questo senso Cell è un’altra
tappa nel multiverso di Stephen King, governato da leggi "diverse": forze del bene e del male sono in moto in
quello che lo stesso King definisce “ciclo cosmogonico” (vedi Feast of Fear,
Underwood & Miller). Il male si muove
per attivare il bene e il bene si muove per sconfiggere il male, creando così un ciclo. Sebbene ben radicati nella matrice biblica cristiana, sul lato pratico King declassa questi concetti evitando di usare la lettera maiuscola e trattandoli in modo ambiguo, gettandoli in pasto alla confusione della modernità e alla stratificazione psicologica che rappresenta la reale umanità dei nostri giorni.
Detto questo, Cell non è una tassello essenziale del multiverso kinghiano. Passa in secondo o terzo piano, quasi fosse più un tentativo o uno “scherzo” di genere che qualcosa di davvero serio, rispetto al già citato L'ombra dello scorpione, o a Desperation e Insomnia, tanto per menzionarne altri due di portata "epica". Sì, c’è un sottotesto complottistico (tecnologie al servizio del controllo-distruzione sociale, nonché gli evidenti spunti da terrorismo post-11 settembre) e di accusa sociale (la dipendenza dai cellulari e la corsa a dispositivi sempre più intelligenti che ha caratterizzato lo scorso decennio). La critica sociale è spesso presente in King, così come alcuni elementi distopici, ma ciò non viene mai sviluppato ulteriormente, come se potesse rovinare al lettore il gusto della pura e semplice storia.
Wu-Ming 1, nella sua recensione per
L'Unità, evidenzia che Cell presenta “grandi immagini-idee:
l’analogia tra intelligenza naturale e artificiale, l’analogia
tra comportamento umano e comportamento animale, la tensione tra
coscienza individuale e coscienza di specie, la dialettica irrisolta
tra libero arbitrio e destino, tra la capacità di prendere decisioni
e tutto quanto sta prima, come la programmazione genetica e la
sovradeterminazione sociale.”
È vero, tutto ciò si intravede,
ma considerando il livello a cui King ci ha abituato, sono del parere
che Cell avrebbe dovuto avere un maggior sviluppo, l'ampliamento dei suoi risvolti anche a costo di aprirsi alla fantascienza più pura, proprio per portare le sue immagini-idea a diventare i pilastri del romanzo. Al contrario, le
parti dal sapore più sovrannaturale, nemmeno necessarie a collocare il romanzo all'interno dei canoni kinghiani, distolgono l'attenzione da quanto di buono c'è (e poteva esserci) nell'opera.
Il finale sospeso, incentrato sul
protagonista nell'atto che ne deciderà il destino, positivo o
negativo, richiama ancora una volta la matrice fantastico/gotica tanto cara a King, e quel concetto di "storia-intorno-al-fuoco" che tanto lo appassiona. Cell però sembra voler evitare di proposito qualsiasi conclusione o risposta, ci fa appena intuire, senza alcuna conferma, il modo in cui potrebbe finire l'epidemia di cellulati, mentre sul destino del
protagonista ogni lettore è libero di immaginare ciò che vuole.
Ci sono un po' troppe incertezze e
grossolanerie per giudicare questo libro un geniale remake moderno dell'epica biblica o anche solo del mito o della fiaba (come lo erano Le notti di Salem e La bambina
che amava Tom Gordon). Resta più che altro la sensazione di un testo non abbastanza convinto delle sue idee, un'occasione per metà sprecata.
I precedenti episodi della Retrospettiva King:
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