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RICHARD MATHESON: TRA SCI-FI E GHOST-STORY


Mi sono approcciato per la prima volta a Richard Matheson con tre suoi romanzi: Io sono Leggenda, Io sono Helen Driscoll e Ghost.
Io sono Leggenda, uscito nel 1954, il suo terzo romanzo dopo un paio di thriller, ha consacrato Matheson alla narrativa fantastica: un ibrido di fantascienza, thriller, horror e mistery. La storia è di derivazione post-apocalittica, ambientazione prettamente fantascientifica ma con elementi di derivazione gotica, dato che i "cattivi" qui sono i vampiri che hanno popolato il mondo. In realtà si tratta di esseri umani trasformati in creature non-morte a seguito di un'inspiegabile epidemia. L'unico umano ancora normale in un mondo di vampiri cerca in tutte le maniere di sopravvivere, ma è lì lì per mollare, ormai sull'orlo dell'alcolismo. Premessa, questa, che pone il romanzo agli antipodi della letteratura alla Dracula: una posizione voluta e ben calcolata da Matheson.
Romanzo glaciale, terrificante, pessimista, magistralmente costruito nella sua brevità (forse eccessiva), una sceneggiatura praticamente già servita sul piatto sebbene i film che sono seguiti hanno modificato l'idea originale in diversi aspetti. Lo stile cinematografico dell'autore è un suo marchio, la narrazione è fluente e realistica. Il fatto, poi, che vi sia un solo personaggio a tirare le fila della storia e mantenere l'attenzione del lettore, per quasi tutto il volume, lo rende sfaccettato e approfondito nelle sue circonvoluzioni.
All'opposto, Io sono Helen Driscoll (1958) si adagia sul convenzionale thriller paranormale dove i personaggi e la vicenda non presentano lati molto profondi e non sembrano comunicare niente che vada al di là delle righe. L'abilità di Matheson, qui, è di destreggiarsi dentro al genere dando vita piuttosto bene all'ossessione del protagonista. È un film che si svolge, o l'episodio di una serie televisiva: la ghost story di matrice ottocentesca viene trasportata nell'epoca d'oro americana. Tuttavia di questo romanzo mi rimane poco, a memoria, segno che su di me non ha fatto presa, specie se confrontato con gli altri che ho letto.


Stando al titolo e al frontespizio (che, come regola generale, è meglio non leggere, visto che di solito è costituito da pure banalità ad effetto), verso Ghost non avevo grandi aspettative, invece si è subito rivelato incalzante e ben congegnato. La semplicità del plot e la linearità da sceneggiatura, come detto, sono tratti tipici di Matheson, ma in questo romanzo del 1982 le sue doti narrative spiccano. Le circonvoluzioni mentali del protagonista hanno uno spessore che si ritrova in grandi narratori come Stephen King - guarda caso, Matheson è uno dei suoi mentori - e il tono ultra dark con un pizzico di erotismo crea la tensione che tiene incollati alla pagina. È molto interessante come Matheson utilizzi la presenza di uno spettro per giustapporre il disincarnato (anima ed amore) al carnale (corpo e sessualità), mettendo in scena uno scontro tra forze. O meglio, tra lati della personalità umana tutt'altro che irreali o ipotetici: credo che nella coppia di coniugi annoiati, nei loro peccati e buoni propositi, si possa riconoscere o proiettare la gran parte di noi. E Matheson li fa scontrare con brutalità.
L'unica insoddisfazione che si può avere durante o alla fine della lettura, è che il tutto scivoli via troppo velocemente: avrebbe potuto essere un soddisfacente "mattone" da 500 pagine, invece è solo un racconto lungo, ma questo è Matheson.


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