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P. K. DICK: L'ANDROIDE ABRAMO LINCOLN (STORIA DELLA DISUMANIZZAZIONE)



Parlando di fredde macchinazioni e spietati esseri umani, da La svastica sul sole in poi le cose si fanno molto interessanti sul fronte Philip K. Dick. Il suo romanzo successivo, scritto nel 1962 ma pubblicato molti anni dopo, sviluppa proprio questo concetto. Già il titolo è alquanto esplicito: L'androide Abramo Lincoln (ma in originale è We can build you, “Noi possiamo costruirti”).
Nell'America del futuro prossimo vengono venduti e impiantati organi elettronici che rendono l'uomo sempre più simile a una macchina che può auto-modificarsi all'occorrenza. Louis ha una fabbrica che produce questi componenti ed è soddisfatto di come vanno le cose, finché il suo socio e sua figlia (Pris, adolescente affetta da schizofrenia) concepiscono e sviluppano il primo androide completo: la riproduzione di Edwin Stanton, ministro della guerra di Lincoln. L'essere si dimostra senziente e persino in grado di provare emozioni. Un altro imprenditore ben più spietato, tale Barrows, si interessa al nuovo, promettente progetto, e con il supporto di Pris sviluppa il simulacro di Lincoln stesso.
Disumanizzare l'uomo e umanizzare la macchina: in questa contrapposizione, che è anche un po' paradosso, c'è la chiave di lettura del romanzo, anticipando molte altre disquisizioni sul tema che l'autore farà negli anni, tra romanzi e racconti. Dick, in questa fase, sfrutta degli elementi evidentemente fantascientifici per continuare a raccontare ciò che più ha a cuore: le relazioni umane e il modo in cui possono complicarsi. 


Da una parte mette in scena la difficoltà con cui i personaggi devono gestire gli androidi, dotati di raziocinio e umiltà, uno scenario di stampo ottocentesco che Dick dipinge con toni (forse più unici che rari) di purezza. In effetti i simulacri sono molto più raziocinanti e umili delle loro controparti umane, date la schizofrenia di Pris, la crudeltà di Barrows e l'ansia di Louis. Dick utilizza il termine simulacro, ben diverso da androide, per definire non un mero ammasso di componenti elettroniche, ma la copia artefatta di un essere umano completo.
Dall'altra parte descrive la relazione tra Louis e Pris, delirante e sempre mutevole come le tante altre relazioni complicate al centro dei precedenti romanzi (c'è ancora qualcosa di In terra ostile, qui).
Passata la metà del racconto ci si accorge che non sarà la vicenda dei simulacri a costituire il vero epilogo: procedendo nei capitoli, Dick si concentra sempre di più sulla spirale di degenerazione del legame tra Louis e Pris. Al punto che, alla fine, fa sorgere una domanda ovvia: ma com'è finita, poi, con gli androidi? A quale genere di mondo hanno dato il via tutte queste premesse?
Al contrario della gran parte dei suoi testi precedenti, L'androide Abramo Lincoln è scritto in prima persona e perciò gode di una sola prospettiva. Questo contribuisce al senso di compattezza del romanzo e all'immedesimazione del lettore, essenziale per empatizzare con la battaglia emotiva tra essere umano e simulacro, e tra padre e figlia, che interessa all'autore.

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