TWIN PEAKS: STAGIONE 3 EPISODI 11-18
La stagione evento si è conclusa dopo 18
episodi. Lynch, che ha preteso il controllo totale sul progetto, ci ha
dato la sua visione di Twin Peaks a 25 anni di distanza dalla serie originale. In
questo lungo tempo è cambiato tutto: la cinematografia di Lynch è molto
diversa, le serie tv sono diverse, e anche i personaggi e la cittadina stessa,
sulle montagne nello stato di Washington, è ben diversa.
Surreale, lento, visionario, libero di molteplici interpretazioni non
soltanto a livello visivo ma anche narrativo. E il finale aperto che
ovviamente non volevamo, a meno di una quarta stagione che tuttavia non pare
molto probabile.
Soffre un po' di eccessiva dispersione e lentezza nella parte centrale, come pure la vecchia serie. Avrei preferito che Cooper si svegliasse prima dal suo stato di ebetismo e che il ritmo degli ultimi tre o quattro episodi fosse distribuito anche su quelli precedenti, almeno nella seconda metà della serie. Come già avevo notato guardando la prima parte della stagione, quello che manca è la magia di un tempo, ciò che rendeva unico Twin Peaks: l'atmosfera rilassante e l'armonia naturale minacciate dalle forze del male, tematica cara alla tradizione americana. In questa serie evento ciò viene sacrificato in nome dell'oscurità, delle radiografie cerebrali dei personaggi che Lynch mette in scena al posto della realtà dei fatti "oggettiva". Un tratto, intendiamoci, che rende l'opera memorabile (come ogni altra opera di Lynch), ma che ci lascia la nostalgia del vero Twin Peaks, che in fondo non era un impero della mente* ma qualcosa di un po' più semplice e diretto (*riferimento a Inland Empire, l'ultimo lungometraggio di Lynch del 2006, elogio dell'assurdo).
Soffre un po' di eccessiva dispersione e lentezza nella parte centrale, come pure la vecchia serie. Avrei preferito che Cooper si svegliasse prima dal suo stato di ebetismo e che il ritmo degli ultimi tre o quattro episodi fosse distribuito anche su quelli precedenti, almeno nella seconda metà della serie. Come già avevo notato guardando la prima parte della stagione, quello che manca è la magia di un tempo, ciò che rendeva unico Twin Peaks: l'atmosfera rilassante e l'armonia naturale minacciate dalle forze del male, tematica cara alla tradizione americana. In questa serie evento ciò viene sacrificato in nome dell'oscurità, delle radiografie cerebrali dei personaggi che Lynch mette in scena al posto della realtà dei fatti "oggettiva". Un tratto, intendiamoci, che rende l'opera memorabile (come ogni altra opera di Lynch), ma che ci lascia la nostalgia del vero Twin Peaks, che in fondo non era un impero della mente* ma qualcosa di un po' più semplice e diretto (*riferimento a Inland Empire, l'ultimo lungometraggio di Lynch del 2006, elogio dell'assurdo).
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