mattbriar

NEIL YOUNG & CRAZY HORSE: PSYCHEDELIC PILL



Dopo un paio di svolte brusche negli ultimi anni, Young ci sta riservando sorprese molto positive di questi tempi. Prima Le Noise, poi il ritorno dei Crazy Horse per due album uno di seguito all'altro: Americana, cioè le prove generali della reunion, e ora Psychedelic Pill, doppio disco di brani inediti che si può dire siano stati partoriti in sala di registrazione.
Il Cavallo torna con il pieno di carburante... o di fieno, se preferite. Non c'è molto da commentare su Psychedelic Pill in quanto rappresenta una band in piena forma e aggiunge un capitolo definitivo alla sua saga, agganciandosi direttamente a quel Broken Arrow del 1996 malamente considerato ma da riscoprire. Rimette la band sulle affidabili piste del passato, ma con nuovi territori da esplorare che appaiono passo dopo passo.
Abbiamo per le mani un disco massiccio, rumoroso e incalzante come un dinosauro al galoppo. La sua lunghezza e i suoi tempi dilatati sono ben rappresentati dal fatto che due cd (o tre vinili) contengono soltanto otto brani nuovi e una bonus track. I 27 minuti di "Driftin' Back" sono uno sproposito di contorsioni chitarristiche e sketch lirici. "Ramada Inn" è malinconica e narrativa (il lungo cammino del matrimonio, l'alcol come collante e/o distruttore). "She's Always Dancing" ripete i suoi riff e i suoi mantra per creare un cerchio di pura trance. "Walk Like A Giant" (secondo molte recensioni il brano must dell'album) che è una sorta di mastodontica self-analysis di Young e la sua band.
Le parole non servono granché, qui c'è soprattutto molta chitarra da cui lasciarsi avvolgere. Un album vecchia maniera ma che raggiunge un nuovo estremo, come solo nel presente Young può fare, portando al parossismo certe sue tendenze (nei protest-album quella di declamare, qui grazie a Dio quella di fare assoli e dilatare le canzoni esplorandole come farebbe un astronauta su un pianeta alieno). Bisogna immergersi nella musica e nel sound di Psychedelic Pill perché sono il vero protagonista. Le parole ci sono ma, ad eccezione di due brani narrativi, sono come dei flash, dei veloci input, sketch impressionistici, che ricamano ornamenti al di sopra del tappeto sonoro.

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