PERCHÉ NON VIVIAMO NEL 1984 DI ORWELL



O perché ci troviamo all’estremo opposto della distopia più famosa della narrativa.
Vorrei fare un confronto tra lo stato di sorveglianza descritto da George Orwell in 1984 e il nostro mondo contemporaneo, descrivibile come una società di controllo digitale. Per farlo prenderò a prestito alcuni dei concetti esposti dal filosofo coreano Byung-Chul Han in diversi suoi saggi, in particolare Psicopolitica (ma consiglio anche Le non cose e La società senza dolore). Sulla società digitale e sul consumismo capitalista consiglio anche Silicon Valley: i signori del silicio di Evgeny Morozov e Realismo capitalista di Mark Fisher.
Dunque, no, non viviamo in un totalitarismo orwelliano. Semmai, viviamo in un prototipo del Mondo Nuovo di Huxley: una falsa utopia che è anche peggio.
Andiamo con ordine. Cos’era il Grande Fratello nel romanzo di George Orwell? Era la rappresentazione della paura costante verso un nemico onnipresente. Per dettar legge, il Grande Fratello frenava il libero pensiero e, per riuscirci, usava vari mezzi, tutti accomunati da una caratteristica: la negatività.
Imponeva la neolingua, il cui ridotto numero di parole mirava a incatenare la coscienza. Impiegava metodi psicofisici come elettroshock, privazione del sonno, isolamento, droga e tortura. Sfruttava la scarsità dei beni di consumo per mantenere un costante stato di bisogno e perciò di dipendenza. Il Ministero della Verità, poi, aveva il compito di riscrivere il passato adattandolo all'ideologia del regime. L’occhio del Grande Fratello era ovunque e i suoi prigionieri si sentivano costantemente osservati.


Questa descrizione non si sposa affatto con il mondo in cui viviamo noi, oggi. A ben pensarci, siamo in un mondo completamente agli antipodi. Tra internet, smartphone, domotica e Google Glass, a dominare il nostro mondo è l’illusione di una libertà e di una comunicazione illimitate. Al posto della riscrittura della verità abbiamo la trasparenza: anziché controllare il passato, orientiamo il futuro.
Il potere, oggi, non proibisce: il consumo non è limitato, è massimizzato, e i bisogni non sono repressi, bensì stimolati, generando un surplus di positività. Interrogatori e confessioni sono stati sostituiti dalla condivisione volontaria tramite internet: si può dire che gli smartphone abbiano sostituito le stanze delle torture. Il Grande Fratello ha un volto amichevole, e comunque è un volto che non vediamo. Non ci sentiamo osservati o minacciati, ci sentiamo liberi, ed è proprio questo sentimento di libertà a costituire la trappola. Il sistema si basa sull'auto-esposizione volontaria di ciascuno di noi, sull'auto-sfruttamento che ognuno di noi opera verso se stesso.


In un punto del suo saggio, Byung-Chul Han cita una delle prime pubblicità della Apple, datata proprio 1984, nella quale l’ancora giovane brand informatico si presentava come una forza liberatrice contro lo stato di sorveglianza orwelliano. Volendo prendere quella pubblicità come spartiacque di un’epoca, col senno di poi possiamo concludere che il "vero" 1984 non ha segnato affatto la fine dello stato di sorveglianza, ma l’inizio di una nuova società del controllo molto più efficiente.
Sotto questo punto di vista, Aldous Huxley in Il Mondo Nuovo ci ha visto molto più lungo di Orwell. La società immaginata da Huxley è tenuta sotto scacco dalla compiacenza e dalla felicità indotta: è questa l’immagine più vicina a descrivere la nostra contemporaneità. Lo stesso Huxley ne discusse in una lettera a Orwell (leggetela). Senza alcun dubbio è questa la strada che abbiamo imboccato.
Nel prossimo post andrò più a fondo sul concetto di falsa libertà: ovvero perché il poter fare (tutto ciò che vogliamo) è una trappola molto più insidiosa del dover fare.

Orwell e Huxley

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