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IL CONTROLLO DELL'ISTRUZIONE, DEI CAPITALI E DEI SERVIZI - SISTEMI DI POTERE PT.2


[Continua dalla parte 1

I fondamenti del mondo finanziario, politico e istituzionale che viviamo oggi sono stati stabiliti negli anni Settanta, ma per raccontarci la sua evoluzione, Noam Chomsky in Sistemi di potere fa un passo indietro fino a metà Ottocento. A quell'epoca il filosofo e saggista americano Ralph W. Emerson (QUI per sapere chi è) si stupì dell’interessamento dimostrato dalle élite commerciali nei confronti dell’istruzione pubblica. Il ragionamento che facevano le élite era: “se la massa inizia ad avere più diritti verrà a darci la caccia, perciò dobbiamo istruirla; tuttavia  un’istruzione libera che stimola creatività e indipendenza la porterebbe ugualmente a tagliarci la gola”. La soluzione fu presto trovata: istituire un sistema educativo di massa in cui viene inculcata obbedienza, subordinazione, accettazione dell’autorità e della dottrina, ovvero l’esatto opposto del modello pedagogico di Dewey (QUI per sapere cos’è).
Il dibattito sull’istruzione risale all’Illuminismo, ci ricorda Chomsky. Esistono due sostanziali macro-approcci: uno raffigura l’istruzione come l’atto di versare acqua in un colabrodo, si trattiene giusto il tempo per superare l’esame e poi cola via, dimenticando tutto. Questo approccio non stimola il pensiero autonomo e, alla lunga, insegna a obbedire agli ordini, anche a quelli insensati. L’altro approccio, al quale si ispirano le buone università scientifiche, raffigura l’istruzione come una corda tesa che lo studente impara a seguire autonomamente. È l’approccio che mira a fornire un impianto grazie al quale lo studente, bambino o adulto, riesce poi a esplorare il mondo secondo la propria creatività e individualità.

Nel dopoguerra abbiamo assistito a battaglie importanti per i diritti, da quelli civili a quelli educativi, a quelli sessuali. Per le élite gli anni Sessanta furono un “eccesso di democrazia”: troppe domande, troppa contestazione all’autorità da parte della gente. Un momento pericoloso per la loro stabilità, così negli anni Settanta vi fu il contraccolpo. A dimostrazione di quello che accadde negli Stati Uniti, Chosmky cita due documenti sconcertanti: a destra il memorandum di Powell per la camera di commercio, a sinistra il rapporto della Commissione Trilaterale.
Il primo gridava che il mondo era caduto in mano alla sinistra, l’economia privata stava per essere smantellata, e dato che dovevano essere gli uomini d’affari ad amministrare la ricchezza, occorreva riportare le cose nella giusta direzione. Il tutto giustificato in nome di concetti di democrazia e libertà. Il rapporto, invece, era stilato da internazionalisti liberali che si dicevano preoccupati per il fallimento delle istituzioni, importanti per l’indottrinamento dei giovani, ma che avevano portato a questa situazione di “troppa democrazia”. Le idee su entrambi i fronti erano pressappoco le stesse: più controllo, più indottrinamento, privatizzazione delle università, aumento delle strutture manageriali all’interno dell’istruzione, aumento delle tasse, e un’istruzione che mirasse al profitto.
Chomsky fa anche notare che l’esistenza di tasse per l’istruzione è qualcosa di insensato, soprattutto oggi, in una società ben più ricca rispetto a quella degli anni Cinquanta, che può permettersi di finanziare pubblicamente l’istruzione. E porta l’esempio del Messico: pur essendo un paese povero, possiede un sistema scolastico gratuito ed eccellente.
L’approccio manageriale nell’istruzione e la predilezione di modelli mnemonici anziché di creatività, faceva parte di un più ampio attacco alla società sferrato appunto a partire dagli anni Settanta, riassumibile nel progetto neoliberista, di cui il mondo di oggi subisce le conseguenze (QUI e QUI per approfondire).

Quali sono i suoi tratti fondamentali? In breve, spiega Chomsky, un numero sempre maggiore di élite ha fatto in modo che la legislazione fosse strettamente controllata e si adattasse ai progetti delle grandi aziende, e che i media come radio e tv fossero altrettanto controllati. Il sistema finanziario internazionale è stato cambiato per consentire il flusso di capitali liberi, in precedenza non ammesso. Ciò significa che, da un lato, i governi non possono bloccare o controllare le esportazioni di capitali e le valute dei loro paesi; dall’altro gli investitori hanno voce in capitolo sulle politiche del paese perché, se non le gradiscono, possono affossare l’economia facendo fuggire i capitali. Di conseguenza gli organismi finanziari costituiscono un “parlamento virtuale” che pesa sulla politica del governo. Ai paesi rimane a disposizione una gamma ristretta di scelte politiche. Non parliamo poi del potere democratico della popolazione: gli economisti sapevano che queste politiche sono del tutto anti-democratiche.
Chomsky sottolinea che uno degli aspetti fondamentali del neoliberismo è che esso implica la privatizzazione: quando una cosa viene privatizzata esce dall’area pubblica, perciò può essere controllata o monopolizzata da pochi. Privatizzare i servizi significa che chi li controlla può decidere tutto: da chi rifornirsi, quale tipo di assistenza fornire. Ecco perché è importante che l’acqua, la sanità e l’istruzione, cose che riguardano tutti, rimangano statali.


Il sistema precedente, istituito nel dopoguerra, nonostante fosse basato sul capitalismo, consentiva la crescita e le misure assistenziali statali. Prima ancora, il New Deal (QUI per sapere cos’è) sosteneva che l’assistenza per i bisognosi era un diritto. Chomsky porta ad esempio una madre con quattro figli a carico: a quel tempo avrebbe avuto il diritto di ricevere il cibo per i figli. Dagli anni Sessanta, con la crescita del welfare, si è fatta strada l’idea che per godere di un’assistenza si deve lavorare (attenzione che in USA il termine welfare indica con precisione i servizi statali sociali, mentre in Europa ha assunto significati più vaghi). Negli anni Novanta il welfare era già diventato workfare (QUI per sapere cos’è): l’assistenza è un diritto solo per chi lavora. Secondo questo ragionamento, crescere quattro figli non è un lavoro. In economia si parla di capitale umano, ovvero la qualità della forza lavoro su cui un’azienda di solito investe. Creare capitale umano in un bambino è compito della madre, che dovrebbe essere libera di farlo senza essere costretta a lavorare fuori casa solo per assicurarsi un’assistenza sanitaria.
La cosa sconvolgente è che gli artefici di questo cambio di direzione sono gli stessi che proclamano di lottare per i valori della famiglia. Le frange più nazionaliste ed estremiste esistenti negli Stati Uniti, avverte Chomsky, agiscono in modo di spostare l’attenzione pubblica su aspetti di secondo piano, e attuano politiche di terrore inducendo al contempo la gente a credere che la stiano difendendo in nome dei loro stessi valori morali. Il loro obiettivo è sbarazzarsi della legislazione progressista dell’ultimo secolo: pensioni, assistenza sanitaria, diritti dei lavoratori. Senza nemmeno menzionare l’uso della forza militare e l’espansione degli armamenti.

Le politiche degli ultimi quarant’anni hanno fallito, affossando crescita e sviluppo economico, produttività, principi democratici, indebolire lo stato sociale e il potere dei lavoratori, aumentando per contro le disuguaglianze, ingigantendo i potentati economici e il loro peso in politica. La scelta di tali politiche è stata conseguita volutamente anche di recente, nel contesto della crisi finanziaria europea, nonostante le critiche degli economisti. La Banca Centrale Europea sta fomentando politiche di austerity (QUI per approfondire) che non stimolano né l’economia né l’occupazione. Chomsky la definisce una banca fatta di banchieri che non fanno certo gli interessi della popolazione.
Chomsky porta a esempio le aziende farmaceutiche: se fossero costrette a stare alle regole di un mercato reale, e se il costo di ricerca e sviluppo fosse sostenuto dal settore pubblico, le persone potrebbero pagare i farmaci molto meno. Gran parte del lavoro di ricerca è già finanziata dalle sovvenzioni pubbliche per le università e gli istituti di sanità; le aziende si accollano soltanto la parte finale del processo, sperimentazione e marketing. Tuttavia gli accordi di mercato mirano a mantenere lo status delle multinazionali e impediscono ad alcuni paesi, come l’India, di produrre gli stessi farmaci a costo inferiore.

Qual è l’alternativa a tutto questo? Secondo Chomsky è possibile un sistema veramente democratico solo a partire dall’indebolimento dei poteri illegittimi, basato su un tessuto di imprese di proprietà della forza lavoro e della collettività. Ne sono dimostrazione i paesi del sud-est asiatico che hanno in gran parte ignorato le regole neoliberali: Giappone, Cina, India mantengono il controllo dei capitali e stanno procedendo bene. Al contrario i paesi che hanno accettato quelle regole, in particolare America Latina, Sud Africa e Stati Uniti in certa misura, hanno avuto risultati più scarsi.

In ultimo, Sistemi di potere approfondisce il concetto di "indottrinamento di massa", di cui parlerò nel terzo e ultimo post dedicato a questo libro.



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