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P. K. DICK: SCORRETE LACRIME, DISSE IL POLIZIOTTO (SI PUÒ DICHIARARE AUTENTICO IL REALE?)


Dopo essere scampato per miracolo a un attentato alla sua vita da parte dell'ex amante, la stella della televisione Jason Tavernere si risveglia in una stanza d'albergo. Non ha più i documenti e nessuno più lo conosce: la gente non sa cosa sia il Jason Taverner Show, e il suo agente dice di non avere idea di chi lui sia. Ha inizio così Scorrete lacrime, disse il poliziotto di Philip K. Dick: privato della sua identità e di ogni altro bene, Jason si trova a vagare per un mondo che non è più lo stesso. Grazie all'incontro con Kathy, una falsaria che collabora con la polizia, riesce a ottenere nuovi documenti per superare i posti di blocco con cui la polizia cerca i dissidenti allo scopo di spedirli nei campi di lavoro forzato. Ma dopo una serie di vicissitudini finisce lo stesso arrestato. Qui incontra il comandante Felix Buckman, un uomo che conduce due vite: quella di comandante di polizia e quella, segreta, che vive con la sorella Alys. I due sono legati da un rapporto di sadomasochismo incestuoso e hanno persino un figlio insieme. Jason la incontra e quando lei muore all'improvviso, mettendo in pericolo la posizione di Felix, lui decide di incolpare Taverner incastrandolo per salvarsi. Attraverso le indagini sull'omicidio di Alys emergerà la verità su cosa è capitato a Taverner: tutto ruota attorno a una nuova droga sperimentale in grado di alterare molto più che la mente di chi la assume. 

Una sintesi breve per un romanzo ricchissimo di elementi e spunti, sia centrali che marginali. Nell'ultima fase dickiana i risvolti filosofici sono sempre più evidenti, qui suggeriti già dal titolo (derivato da una canzone di John Dowland). Il tema dell'identità dell'individuo, plasmata dalla società di cui fa parte, tecnologica da un lato, religiosa dall'altro, esplode letteralmente nei testi dell'ultimo decennio di vita dello scrittore. Ma protagonista di Scorrete lacrime è anche la droga, che si palesa soltanto alla fine della storia e aggiunge una spiegazione meta-letteraria al contesto paranoico in cui nasce il romanzo stesso.

La sua genesi, infatti, è piuttosto travagliata. L'autore lo inizia nel 1970 dopo alcuni problemi di salute legati all'abuso di anfetamine, poi lo lascia in sospeso fino al 72. Nel frattempo Dick entra in una fortissima paranoia: nel 1971 subisce la famosa effrazione in casa e si convince di essere preso di mira da una cospiraione governativa. Sta per cominciare un periodo molto intenso per l'autore, nel quale la sua mente cede sempre più sotto il peso delle paranoie e delle allucinazioni, ingigantite naturalmente dal costante uso di droghe. La sua quarta moglie, Tessa Dick, fa un ritratto sconvolgente di questi anni in un piccolo volume di memorie intitolato stranamente (in Italia) Blade Runner 1971: il prequel.

Tutto ciò sarebbe probabilmente sufficiente per "capire" Scorrete lacrime da un punto di vista personale, ma la grandezza letteraria e fantascientifica del romanzo risiede anche altrove. Dick riesce a sfruttare perfettamente la linearità di una storia tutto sommato semplice (da questo punto di vista, Scorrete lacrime è molto lontano da Ubik) per parlare di un tema di natura prettamente filosofica: la perdita di identità e la lotta per recuperarla. A cui non può fare a meno di associare anche un altro dei suoi interrogativi preferiti, già espresso nei romanzi precedenti: che cos'è reale? E cosa non lo è? Esiste qualcosa che si può definire reale in senso assoluto? O ogni cosa è frutto di punti di vista relativi? In altre parole, Scorrete lacrime mette in scena attraverso escamotage narrativi l'eterna diatriba tra oggettività e soggettività.

In La svastica sul sole Dick espone, tramite la voce di Childan, un antiquario, una questione chiave a proposito dell'autenticità storica di oggetti che si dice siano appartenuti a grandi personaggi del passato: "questa faccenda della storicità è una sciocchezza (...). Una pistola viene impiegata in una famosa battaglia, ma se non fosse stata usata sarebbe esattamente la stessa. A meno che tu non lo sappia. (...) È tutto un falso, un'illusione di massa." In Scorrete lacrime Dick applica lo stesso concetto all'intera realtà. Nel mondo in cui Taverner si trova catapultato all'improvviso, senza ragione apparente, tutte le sue certezze sono distrutte: è dunque un mondo reale? Lo può definire tale soltanto perché si relaziona con esso, lo percepisce? O è davvero reale? In La svastica sul sole il discorso di Childan prosegue: "dovrei dimostrartelo con una dichiarazione di autenticità. È il documento che dimostra il valore dell'oggetto, non l'oggetto stesso". Finché si tratta di una pistola, bene, ma come si può sperare di trovare la dichiarazione di autenticità dell'esistenza, prodotta a un livello superiore al nostro?

Come ho scritto parlando di Ubik (l'altro grande romanzo dickiano che prima di questo affronta lo stesso tema), la nostra percezione di ciò che siamo e di ciò che definiamo reale non è indicativa di una "realtà assoluta", ma soltanto di ciò che la nostra mente interpreta come tale. Per estensione, l'interrogativo mette in discussione l'intera natura umana come individuo (l'identità, appunto) e come specie, così come pure la realtà della materia e di ogni cosa. Insomma, i concetti che hanno fatto la fortuna di Matrix, che Dick sviscera decenni prima con maggior profondità e ossessività.

Quando entra in gioco la droga sperimentale come risoluzione (abbiamo trovato la tanto cercata dichiarazione di autenticità!)... ecco che si rivela essere un'arma a doppio taglio. Da un lato serve alla narrazione per fornire una (almeno parziale) spiegazione dei fatti, dall'altro tuttavia rappresenta un elemento in grado di sconvolgere ulteriormente la questione filosofica. La somministrazione di droga, si sa, conduce all'alterazione della percezione, e se partiamo da questo assunto, allora smarriremo definitivamente la strada che divide il reale (oggettivo) dal percepito (soggettivo). Soprattutto se la droga sperimentale in questione riesce ad andare persino al di là degli effetti individuali, portando a conseguenze di tipo collettivo (ma non dirò altro su questo punto, che costituisce il finale del romanzo). Ci troviamo dunque in una Matrix senza porte di entrata o di uscita, o meglio in un numero imprecisato di Matrix (o di universi paralleli, se preferite) sovrapposte e intersecate.

Due cenni anche sullo scenario in cui si ambienta la vicenda. Dick delinea con poche ed efficaci pennellate un futuro-presente segnato dalla rovina fisica e morale e dall'oppressione, governato da uno stato di polizia, suddiviso in caste sociali di persone geneticamente modificate, numerate in base al livello (i Sei, i Sette), che detengono vari tipi di potere. A questo si aggiunge l'onnipresente fascinazione per le pulsioni sessuali, che qui non si limita a sfiorare il tema matrimonio/adulterio come altrove, entrando nel territorio delle perversioni e facendosi più esplicito. Tutto ciò fa di Scorrete lacrime, disse il poliziotto un testo chiave dell'opera dickiana capace di sorprendere (vista la sua accessibilità) anche un pubblico più generalista.

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